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Come sarà l’Italia tra 20 anni: 6,8 milioni di lavoratori in meno a causa della crisi demografica

Secondo uno studio della Fondazione DI Vittorio fra vent’anni il bacino dei potenziali lavoratori nella fascia d’età 15-64 anni subirà una diminuzione pari a 6,8 milioni di persone.
A cura di Davide Falcioni
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La crisi demografica che sta investendo l'Italia avrà gravi conseguenze anche sul mondo del lavoro e causerà la scomparsa di milioni di lavoratori attivi: fra vent’anni il bacino dei potenziali lavoratori nella fascia d'età 15-64 anni subirà una diminuzione pari a 6,8 milioni di persone. Al contrario la popolazione non in età lavorativa (under 15 e over 64) registrerà una robusta crescita: +3,8 milioni di individui.

Questa, in estrema sintesi, la sostanza dell'ultimo studio della Fondazione Di Vittorio, un'indagine lunga e articolata che analizza le ripercussioni del declino demografico sul nostro mercato del lavoro. Il dossier evidenzia come gli squilibri demografici determinati da una bassa natalità e da un marcato invecchiamento della popolazione, peggiorati dalle caratteristiche dei flussi in ingresso e uscita dall'Italia, incidano anche sul tasso di occupazione.

Partiamo da una premessa: il calo della popolazione è un fenomeno ormai consolidato. Secondo l'indagine della fondazione le stime ventennali indicano infatti una riduzione della popolazione residente in Italia da 59 milioni di abitanti del 2022 a 56 milioni previsti nel 2042 (-3 milioni, ovvero -5%) e un aumento dell’età media da 46,2 anni a 50 anni. Approfondendo le variazioni per grandi fasce d’età, quindi, emerge una marcata riduzione della popolazione adulta in età lavorativa, da 37,5 milioni del 2022 a 30,7 milioni del 2042. Inoltre, si registra un aumento della popolazione non in età lavorativa, da 21,5 milioni del 2022 a 25,3 milioni del 2042. Questo è il risultato di una consistente diminuzione del numero di giovani (-1,1 milioni, ossia -14,3%) e di una contestuale e robusta crescita degli anziani (+4,9 milioni, +34,6%).

Come fermare il declino demografico

Cosa fare per fermare il declino demografico? Secondo Fulvio Fammoni – presidente della Fondazione Di Vittorio – "gli interventi devono contemporaneamente avere caratteristiche di immediatezza e di strutturalità. Se per gli interventi strutturali le politiche necessarie oggettivamente producono effetti sul lungo periodo, nell’immediato si può concretamente agire sul trend del calo demografico intervenendo sulle condizioni di lavoro, sulla precarietà, sui salari e sul regime di orari. Servono inoltre cambiamenti relativi alle politiche migratorie in entrata e in uscita, sia numericamente che dal punto di vista dei diritti delle persone".

CGIL: "Lavoro dignitoso e di qualità per fermare l'emigrazione dei giovani"

A commentare l'indagine è inoltre la segretaria confederale Cgil, Tania Scacchetti. I dati "non sono semplici numeri, non indicano solo un calo demografico, ma una prospettiva inquietante per il futuro del nostro Paese. Di questo si dovrebbe discutere ora in campagna elettorale perché servono risposte immediate, ma soprattutto scelte strutturali. Vanno sicuramente individuate misure a sostegno della natalità, ma soprattutto – dice – va aperta una riflessione sui flussi in entrata e in uscita dal nostro Paese".  "Ai giovani che emigrano, per lo più formati e competenti – aggiunge Scacchetti – vanno offerte le prospettive di un lavoro dignitoso e di qualità che risponda alle loro competenze, un salario adeguato, un sistema di welfare che li protegga e li sostenga. Contemporaneamente occorre rivedere le politiche migratorie, costruire canali di ingresso per ricerca di lavoro regolari e stabili, attraendo e investendo sulle politiche migratorie come fattore di riequilibrio e di risposta strutturale ai cambiamenti demografici”.

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