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È morto l’ex pentito Carmine Schiavone

È morto l’ex pentito di camorra Carmine Schiavone: aveva 72 anni.
A cura di Redazione
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È morto l'ex pentito di camorra Carmine Schiavone, in passato esponente di primissimo piano del cosiddetto clan dei Casalesi. Carmine era il cugino del più noto Francesco Schiavone, aka Sandokan, attualmente all'ergastolo con la formula del 41 bis. Schiavone è morto a Viterbo, dove abitava e dopo essere stato ricoverato in ospedale per essere sottoposto ad un intervento dopo una caduta dal tetto della sua abitazione: la morte è sopraggiunta a causa di un infarto, come hanno confermato fonti del nosocomio laziale.

Schiavone era stato ricoverato il 10 Febbraio scorso in seguito alla caduta dal tetto della sua abitazione mentre effettuava dei lavori. In seguito alla caduta aveva riportato la rottura di una vertebra nonché altre lesioni. Il 18 Febbraio era stato operato e oggi, alle 11:15 circa, le sue condizioni si sarebbero improvvisamente aggravate, pochi minuti dopo è morto a causa di un infarti. La cartella clinica è ora in mano alle forze dell'ordine che valuteranno le cause del decesso.

Ricordiamo che nel luglio del 2013 aveva terminato di scontare la sua pena e aveva concluso anche il programma di protezione: da allora era stato più volte intervistato proprio sulle "responsabilità" della criminalità organizzata nel ciclo di gestione dei rifiuti.

Il nome di Carmine Schiavone era tornato prepotentemente di attualità nel novembre del 2013 quando, a seguito della desecretazione degli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, era diventata di dominio pubblico la sua audizione dell’ottobre del 1996 in cui parlava del sotterramento di materiale tossico e rifiuti pericolosi nelle zone che ora sono denominate “Terra dei fuochi”. 

Tali dichiarazioni, rese di fronte alla Commissione presieduta da Massimo Scalia, secondo alcuni analisti, avrebbero anticipato di anni le ricostruzioni sul “trattamento” dei rifiuti industriali delle grandi aziende del Nord del Paese e sarebbero state sottovalutate sia dalla magistratura (per molti magistrati le dichiarazioni di Schiavone sono sempre state “non completamente attendibili”), sia dalla politica che avrebbe “colpevolmente ignorato” la gravità delle rivelazioni del pentito.

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