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Opinioni

Dove vuole arrivare Matteo Salvini

Dove porta la strategia di Matteo Salvini? È davvero l’avversario più semplice da affrontare per Matteo Renzi? E siamo sicuri che le altre forze politiche non lo stiano sottovalutando?
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Qualche mese fa scrivevamo che l’ascesa di Matteo Salvini rappresentava una buona notizia anche per Matteo Renzi. Una considerazione che nasceva da tre riflessioni di senso: Salvini si muoveva (e si muove) in un bacino elettorale che non interessa minimamente al Presidente del Consiglio ed era (è) diretto concorrente del Movimento 5 Stelle; Salvini rappresentava (e in parte rappresenta ancora) il villain ideale per un certo elettorato di centrosinistra: un nemico dipinto come rozzo, superficiale, estremista, fascistoide, populista eccetera; Salvini era carente dal punto di vista della proposta politica: non era insomma pronto per governare il Paese.

Gli scenari e le prospettive in politica cambiano molto velocemente, è cosa nota. E l’errore che sempre più frequentemente si commette è quello di irrigidirsi nelle proprie posizioni, osservando l’agone politico come fosse cristallizzato, immobile. Un errore che di certo non ha commesso Matteo Salvini che ha lavorato molto alla costruzione della propria piattaforma programmatica, spingendo su pochi e selezionati temi, sui quali si espone senza complessità o confusione. C'è qualcuno, ad esempio, che possa dire di non sapere qual è la posizione della Lega su euro, immigrazione, lavoro o tassazione?

Parallelamente, sulle questioni più delicate e potenzialmente divisive del suo elettorato di riferimento, Salvini gioca la carta del benaltrismo, bollandole come "secondarie", "non prioritarie", "non fondamentali per gli italiani". E fingendo di dimenticare che la politica è l'arte della complessità e le eccessive semplificazioni hanno vita breve.

Salvini è l'emblema dello spontaneismo e si muove in un ambiente in cui la sincerità, la reazione istintiva, la schiettezza, l'efficacia dello slogan hanno preso il posto tradizionalmente occupato dalla "verità dei fatti". Un piano nel quale la sincerità del politico, la sua integrità e la sua intransigenza, bastano a renderlo "credibile", degno di fiducia e di appoggio, al di là della sua preparazione e del suo essere capace di risolvere davvero i problemi concreti. È un piano nel quale non c'è posto per l'eccessiva elaborazione teorica, per l'eloquio forbito o per la conoscenza specifica degli argomenti, che vengono sostituite dallo slogan, dalla ricetta cotta e mangiata, dalla soluzione a portata di mano.

Come detto in passato, poi, il messaggio di Salvini riflette le caratteristiche basilari del “discorso vittimista”: la deresponsabilizzazione, il rifiuto della complessità, il machismo di ritorno, la gogna pubblica per chi sbaglia, la doppia morale su mediazioni e compromessi, l’egoismo "nazionale" e la cura del proprio particulare.

Una strategia che funziona per una serie di ragioni:

  • non ha responsabilità pregresse e, agli occhi dell’opinione pubblica, ha già reciso il legame con il vecchio gruppo dirigente leghista;
  • non ha una pletora di affaristi / finanziatori / clientele cui rendere conto
  • non ha (non aveva?) un gruppo parlamentare litigioso e sempre pronto a dividersi (l’esiguità della rappresentanza parlamentare è stata quasi una benedizione)
  • non ha da giustificare compromessi in nome di alleanze politiche future o presenti
  • ha le mani libere da “legacci ideologici” e può conciliare (senza far storcere il muso ai militanti leghisti, sempre meno politicizzati) posizioni “teoricamente” lontane e idealmente contraddittorie
  • infine, sul piano del confronto politico, i suoi avversari finiscono spesso con imitarne scelte, azioni e comportamenti ("Salvini ci sta cambiando tutti", scrivevamo qualche mese fa)

Salvini è poi un leader moderno, l'unico (già, l'unico) ad aver tratto un beneficio reale e concreto dal boom dei social network. Un fatto determinato da una verità incontestabile, per quanto dura da digerire: è l'unico che li sa usare, l'unico che li "rispetta". Ne abbiamo già scritto, ma vale la pena di ribadire un passaggio che riteniamo centrale: "Matteo" scrive in prima persona su facebook (e con una continuità spaventosa), posta foto, notizie, bufale (sic), risponde ai commenti, usa un linguaggio diretto e (di nuovo) detesta la complessità; utilizza twitter in maniera meno intensiva ma più incisiva, ha ben chiare le differenze fra i due mezzi e le sfrutta a proprio vantaggio: in definitiva, la sua attività social è sempre "orientata", studiata, ragionata (anche quando non sembra).

È un fatto, al di là di ogni valutazione di merito, che Salvini sia un politico molto diverso da quello che solo 5 anni fa credeva che il "casus belli" fosse una questione estetica, o dal leghista duro e puro il cui orizzonte culturale finiva a Barberino del Mugello.

La domanda, ovviamente è un'altra: ha senso parlare di Salvini come di un serio avversario politico per Matteo Renzi? La lettura "tradizionale" vuole che la presenza di una forza come la Lega sia una sorta di garanzia per Renzi (e in parte siamo d'accordo), proprio perché "concorrenziale" al M5S, non legittimata sul piano internazionale, guardata con sospetto dai moderati e via discorrendo. Ma non tener conto di quanto siano cambiate le cose negli ultimi mesi sarebbe un errore clamoroso, che potrebbe costare carissimo al Presidente del Consiglio.

Già detto dell'evoluzione "personale" di Salvini, bisogna considerare (almeno) altri due elementi: la ricostruzione del campo del centrodestra e la nuova legge elettorale. La partita per l'egemonia nel centrodestra non è chiusa, certo, e Berlusconi non si farà da parte senza garanzie, ma l'ipotesi di Salvini leader è tutt'altro che da scartare. E il ballottaggio previsto dalla nuova legge elettorale potrebbe rappresentare una occasione incredibile per il "sorpasso" ai danni del Presidente del Consiglio. Il quale non è certamente un ingenuo e ha fiutato da tempo il pericolo della "polarizzazione dello scontro". Proprio per questo sta evitando accuratamente di "individuare" Salvini come il suo principale antagonista, limitando al minimo sindacale i botta e risposta ed accomunandolo sempre al M5S come "forza antisistema" (qui ovviamente l'obiettivo di Renzi resta la conquista, o meglio la conferma, del voto moderato).

Basterà non legittimare Salvini come suo antagonista per limitarne la crescita e impedire che si compatti l'opposizione nel Paese? Basterà il fastidio con il quale i forzisti guardano l'ex leghista duro e puro per negare a Salvini l'investitura come leader della destra italiana? Riuscirà Salvini a farsi garante del tradizionale voto conservatore senza lasciarsi trascinare su posizioni oltranziste?

Difficile rispondere adesso, soprattutto senza affrontare il tema della collocazione ideologica dell'ex segretario della Lega Lombarda. Senza voler tornare sull'equivoco (comune anche al M5S) del "né di destra, né di sinistra", bisognerà considerare le conseguenze del processo di lepenizzazione della Lega Nord avviato mesi addietro da Salvini: su tutte la più evidente è la definizione di una piattaforma interclassista, che fa presa indifferentemente sul proletariato urbano, su ciò che resta del "ceto medio" (sempre ammesso che esista ancora, eh), tra i piccoli e medi imprenditori provati dalla crisi, tra le vittime della fine dello statalismo e tra vecchi e nuovi nostalgici della soluzione pragmatico – autoritaria. Questo universo, figlio della crisi ma anche del fallimento delle politiche europee degli ultimi 20 anni, è terreno fertile per quello che noi consideriamo il "populismo al tempo del cinismo e della paura": quello che fa leva sul disagio, sulla “democrazia rubata”, sullo strapotere delle lobby e sulle trame oscure degli eurotecnocrati, ma soprattutto quello che costruisce muri e barriere, che agita lo spauracchio delle invasioni, dell’insicurezza, che prospetta scenari apocalittici e che “gioca” sulla perdita di certezze, sul disorientamento.

Che poi Salvini non sia l'unico a nuotare in questo mare, è un dato di fatto: la tentazione del "populismo al tempo del cinismo e della paura" è forte e non risparmia nessuno.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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