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Zygmunt Bauman: “Nati liquidi”, l’ultima opera del grande filosofo dedicata ai giovani

È appena uscito in libreria “Nati liquidi”, l’opera postuma di Zygmunt Bauman. Fanpage.it ne ha parlato con il coautore Thomas Leoncini.
A cura di Federica D'Alfonso
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Zygmunt Bauman-Thomas Leoncini, "Nati Liquidi" (Sperling & Kupfer)
Zygmunt Bauman-Thomas Leoncini, "Nati Liquidi" (Sperling & Kupfer)

Il 4 aprile è uscito in libreria, edito da Sperling&Kupfer, “Nati liquidi”: l'ultimo libro, una sorta di testamento spirituale, che Zygmunt Bauman ha deciso di regalare a quella società “liquida” di cui tanto aveva scritto. Questa volta la riflessione del filosofo si è diretta alle giovani generazioni: in un dialogo serrato con il giornalista Thomas Leoncini, Bauman ha ancora una volta usato le lenti della “liquidità” per analizzare la spasmodica ricerca di identità a cui oggi i giovani sono indotti.

“Nell’ultimo messaggio che mi inviò, mi domandava quanto, secondo me, avrebbe dovuto ancora scrivere per concludere l’ultimo capitolo del nostro libro. Lui, il più grande, che chiedeva a me, a un giovanotto, quanto doveva scrivere”: Leoncini ha raccontato a Fanpage.it il rapporto che, durante la stesura del libro, ha avuto il privilegio di instaurare con un pensatore come Bauman. Un rapporto fra due generazioni, due differenti visioni del mondo, che scelgono di incontrarsi e di dialogare: perché in realtà, il senso ultimo di “Nati liquidi” è proprio questo.

Quello che mi aveva chiesto era un libro simbiotico: i nostri sessant'anni anagrafici di differenza, esatti esatti, dovevano superare il limite imposto dalla modernità e tracciare un’unione efficace tra discontinuità (io) e continuità (lui).

Estetica, tatuaggi e bullismo: la "natività liquida"

Il corpo, la chirurgia estetica, i tatuaggi. E ancora il web, l'amore, la velocità con cui le relazioni interpersonali nascono e muoiono: in circa 100 pagine Bauman e Leoncini parlano di tutto questo, traducendo l'aggettivo “liquido”, proprio del pensiero filosofico del sociologo, nel linguaggio delle giovani generazioni. Degli uomini e delle donne nati dopo gli anni Ottanta e che, secondo Bauman, appartengono “da nativi” ad una società liquida ed in continuo mutamento.

Una sorta di “cattività” liquida dalla quale è impossibile uscire, perché radicata in ciò che caratterizza la cultura dominante: il bisogno di autodefinizione attraverso l'ossessione per la chirurgia estetica, la ricerca di una propria identità sociale attraverso le simbologie legate al tatuaggio e alle scelte dell'abbigliamento. Ma il libro tenta di analizzare anche le contraddizioni e le grandi sfide a cui le generazioni liquide sono continuamente sottoposte: per questo una parte importante del testo è dedicata al bullismo e all'aggressività dilaganti nella società odierna, quale altra faccia di una ricerca spasmodica di autoaffermazione senza punti certi: un'autoaffermazione “liquida”, appunto.

Zygmunt Bauman è riuscito a dare una definizione precisa e concisa ad un'epoca di crisi e disintegrazione identitaria senza precedenti: in questo ultimo testo, quasi a voler chiudere un discorso iniziato con opere come “Modernità liquida”, Bauman ha scelto di confrontarsi con uno dei giovani ai quali il libro è indirizzato. Come spiega Leoncini, se ai tempi in cui il filosofo polacco nasceva gli obiettivi da raggiungere erano chiari e bisognava “solo” trovare i mezzi giusti per realizzarli, oggi “i nativi liquidi nella migliore delle ipotesi non hanno che i mezzi”:

A livello inconscio, ciascuno non può che domandarsi costantemente: cosa mai posso fare con tutto questo? Zygmunt Bauman lo sapeva bene. E sapeva che il proliferare della lotta generazionale non è che un inganno. Penso sia questo il motivo che l’ha spinto a scegliere una persona come me per consegnare l’ultima lezione della sua vita. Penso sia questa la ragione per cui ha scelto di lavorare con così tanta passione e dedizione a questo breve libro.

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