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Testo e significato di Lettera alla pistola alla mia tempia, la canzone di Luchè sul suicidio

Si chiama Lettera alla pistola alla mia tempia la canzone di Luchè estratta dall’ultimo album Il mio lato peggiore: ecco testo e significato dello skit che parla di suicidio.
A cura di Redazione Music
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Luchè
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Luchè ha pubblicato da pochi giorni l'album Il mio lato peggiore che è risultato anche il quinto più ascoltato su Spotify, a livello globale, nel weekend d'esordio. C'era tantissima attesa per il ritorno discografico del rapper napoletano, uno degli artisti che ha scritto la storia del genere in Italia, da solista e con i Co'Sang con cui aveva pubblicato il nuovo album nel 2024. Ma questa volta torna da solista, tre anni dopo l'uscita di Dove volano le aquile che ha conquistato due dischi di platino e con singoli come Anno Fantastico. Durante una puntata de Le Iene, il rapper ha parlato della sua Lettera alla pistola alla mia tempia, una canzone che, come ha spiegato lui stesso, "è una confessione" di un uomo che ha pensato al suicidio.

Testo di Lettera alla pistola alla mia tempia

Tu sei la chiave per aprire questa gabbia
Che non vedo, ma sento stringersi sempre di più
L'aria è sufficiente per farmi vivere ancora
Io che cercavo solo una scusa per dare la colpa a qualcosa
Liberami da queste lacrime sotto una doccia calda
Spegni quel fuoco che brucia a ogni mio passo
Fin quando so che esisti, so che sarò libero
Quando avrò il coraggio sarò libero
Sono cieco, ma l'amore che ricevo mi fa sentire ancora più in colpa come un traditore, un ingrato
Ho scartato il regalo della vita e non era la sorpresa che cercavo
Liberami da questa morte lenta, sii la mia medicina definitiva
Restituiscimi il mio diritto ad essere complesso
Trasformami in un allarme per chi non se ne accorge
Dai senso a tutta questa sofferenza testarda che non mi abbandona mai
Ho sognato un po' troppo e adesso sono la mia stessa vittima
Sognavo un mondo di persone con un motivo, sempre contro tutto e tutti
Con l'ambizione di evolversi in qualcosa di meno terreno
Per spingersi oltre e giocare a questo gioco senza paura di perdere
Perché non si perde mai, anche quando si abbandona
Anche chiudere gli occhi ed evaporare è un mio diritto
Pistola, che baci la mia tempia, tu hai il potere, tutto dipende da te
Io non ho più risposte, non ho più curiosità
Dicono che Dio mette alla prova i suoi figli più forti
Ho vinto su tutto, tranne che sulla solitudine
Non sono riuscito a trasformarla
Ho toccato le emozioni più profonde
E invece di sentirmi più forte e consapevole, mi sono sentito un peso per un mondo troppo leggero
Te ne sarò grato a vita, dovrò tutta la mia serenità a te
Tu, che elimini solo un altro corpo inutile che non ha più voglia di chiedere
Non ho più la forza di combattere per me stesso
Ho combattuto per gli altri, ma poi si sono tutti seduti alla mensa di questo carcere astratto
Mangiando quello che gli cucinano e dicono quello che ascoltano
Io voglio morire insieme agli ultimi ideali, io voglio essere un ribelle
Andare contro un dono che non avevo chiesto
Perché sono così convinto delle mie idee, nonostante tutti ridano
Nonostante tutti non mi prendessero sul serio
Forse non sarebbero stati in grado di aiutarmi
O forse tu sei l'unica che sa come farlo
Evadere da questa prigione è l'ultima chance
Rendimi libero di volare
Lascia che i miei pensieri trovino spazio per vestirsi come vogliono
Liberami dal confronto con corpi controllati come robot
Liberami dai limiti dell'umano, fammi essere qualcosa di più
Sono tutti così felici, accompagnami a casa

Il significato di Lettera alla pistola alla mia tempia

Lo skit di Luchè si trova nella seconda metà dell'ultimo album, la prima che ha fatto ascoltare durante la presentazione al pubblico del novo lavoro. Nella lettera, il rapper dice, rivolto all'arma: "Te ne sarò grato a vita, dovrò tutta la mia serenità a te, tu, che elimini solo un altro corpo inutile che non ha più voglia di chiedere, non ho più la forza di combattere per me stesso (…). Io voglio morire insieme agli ultimi ideali, io voglio essere un ribelle, andare contro un dono che non avevo chiesto (…) evadere da questa prigione è l'ultima chance. Rendimi libero di volare".

A Le Iene, Luchè aveva detto, nel monologo: "Io sono Luchè e a un certo punto ho pensato seriamente di farla finita, non è un'esagerazione e non è marketing. È la verità, non stavo recitando, quella canzone è un grido, è una confessione. Quando ero stanco, sfinito e vuoto, mi sentivo invisibile. Un uomo che ha tutto, ma dentro non ha più niente (…). Ero lì, sul punto, un attimo prima del buio totale. Poi mi sono detto: ‘Luca, il mondo è già pieno di copie, c'è bisogno dell'originale. Quel momento là non lo dimenticherò mai, perché lì ho capito che la mia voce poteva aiutare tutti coloro che urlano in silenzio (…). Questo non è un messaggio motivazionale, è un incoraggiamento a scoprirsi, a non aver paura di essere diversi, originali, controtendenza, polemici, pensanti e unici".

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