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Perché non riusciamo a toglierci dalla testa Non è mica te di Eddie Brock

Perché ‘Non è mica te’ di Eddie Brock è diventata virale su TikTok: tra trend, nostalgia pop e struttura musicale che coinvolge e favorisce la condivisione.
A cura di Federico Pucci
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Eddie Brock
Eddie Brock

L’Italia è divisa nettamente in due: chi, sentendo il nome Eddie Brock tra i futuri cantanti in gara al prossimo Festival di Sanremo ha pensato “chi?”; e chi usa TikTok. Eddie Brock è infatti un nome già noto sul social network che decreta se non proprio il successo quanto meno la notorietà delle canzoni. Perché la quantità di "impressioni" veloci di un brano in tendenza – è stato dimostrato – "convertono" poco in percentuale sugli ascolti. Ad essere andata in tendenza è la canzone "Non è mica te", che un video dopo l’altro è riuscita ad avvicinarsi alla top 10 FIMI e diventare un raro caso di long seller musicale emergente: ma quindi, com’è successo che una traccia pubblicata a maggio, peraltro mai tradizionalmente promossa come singolo, è arrivata a farsi notare in autunno?

La memificazione della musica e il ruolo di TikTok

Di memificazione della musica si parla negli Stati Uniti almeno dal 2018, quando cioè il social network cinese sopra menzionato acquisì e inglobò Musical.ly, piattaforma già attiva da qualche anno che puntava proprio sulla viralità dei suoni, possibilmente stralci di canzone. Questa logica, interamente incorporata e assolutamente centrale nella user experience di TikTok, non è più venuta meno. Anzi, almeno da cinque anni è una delle modalità trainanti della socialità digitale su tutte le piattaforme, e ha rimodellato l’idea di consumo compartecipato della musica. Mentre Spotify a giorni alterni tenta di convincere i suoi milioni e milioni di utenti a mandarsi canzoni e usare feature social interne, il resto del pianeta usa TikTok per esprimersi attraverso la condivisione di frammenti di canzone. Usando quelle leggi dei meme che guidano i nostri comportamenti online: cioè, mettendo le nostre esperienze al centro di tutto.

Perché "Non è mica te" è diventata virale: uso dei trend e dei meme

Come abbiamo detto altre volte, le canzoni pop sono fatte per essere dirottate dal punto di vista di chi le canta a quello di chi le ascolta: le canzoni si dedicano, prendendo in prestito la voce di un autore più bravo di noi con le parole; le canzoni "diventano colonna sonora delle nostre vite", costruendo parallelismi tra la prospettiva della popstar e la nostra. Ma la memificazione consente di espandere ulteriormente la funzione di una canzone come segno fondamentale, una specie di ideogramma sonoro nel quale riversare la più larga quantità di significato.

Così, succede che "Non è mica te" possa essere usata per raccontare non solo rotture sentimentali e separazioni amorose, ma anche per decretare addii decisamente più triviali, di quelli che normalmente non sono trattati dalla musica pop. Un giro approfondito tra le decine di migliaia di video che usano la canzone, per esempio, dimostra facilmente che il mondo dello sport ha dirottato e memificato a proprio vantaggio le parole di Eddie Brock: i montaggi calcistici della canzone forse non superano quelli di chi usa la canzone per parlare dei suoi affari di cuore, ma poco ci manca. In fondo, il calcio non è ugualmente una questione sentimentale?

Scavando tra confessioni lacrimevoli e purissime gag si incontra anche chi con "Non è mica te" è riuscito addirittura a salutare l’ex presidente della Regione Campania. E del resto è prevedibile: il modo in cui Eddie Brock paragona la ragazza che frequenta adesso con quella "di prima", ricordata nostalgicamente proprio mentre sta baciando l’altra, ricorda le dinamiche di un classicissimo triangolo amoroso. Ho visto lei che bacia lui che bacia lei che bacia me, per citare un’artista che già aveva abbondantemente incrociato la sfera del meme con questo equivoco geometrico (in quel caso decisamente più giocoso e provocante). Non è mica te è un’equazione algebrica, dove il valore di a (lei) non coincide con quello di b (te).

Un calcolo talmente chiaro che chiunque si sia trovato di fronte a un dilemma potrà capire subito. La facilità di accesso è facilità di inserimento: come avevamo osservato più di un anno fa parlando anche della fortuna di Taylor Swift, l’identificazione con il messaggio di una canzone nel pop del XXI secolo non è più solo constatazione passiva, ma processo attivo. Qualsiasi ascoltatore è invitato implicitamente a trovare un’esperienza (deludente) di oggi da comparare in negativo a un’equipollente (e superiore) esperienza di ieri, che si tratti di avventure amorose, fedeltà sportive, passioni politiche, preferenze alimentari, e così via. Quanto più una canzone può essere ricontestualizzata in diversi modi attraverso lo stravolgimento di senso (cioè, attraverso la memificazione), tanto più avrà possibilità di sfondare nell’immaginario.

Le ragioni del successo di "Non è mica te": un brano pensato per il pubblico

La memificazione, insomma, è già contenuta in potenza nel facile sentimentalismo di un brano come "Non è mica te", la cui accessibilità è denotata fin dal titolo, con il suo uso colloquiale della lingua italiana. Questi meccanismi di stravolgimento del senso, del resto, sono risaputi a chiunque conosca (e abbia studiato) la potenza dell’audiovisivo, ben prima dell’avvento del web. Un caso arcinoto per quelli della mia generazione è l’uso di "Missing" di Vangelis da parte della Gialappa’s Band, che già negli anni ‘90 erano in grado di ricontestualizzare una musica smielata e drammatica per segnalare l’addio di un giocatore o di un allenatore.

Quello che cambia oggi è la (tra molte virgolette) “democratizzazione” del processo, in cui ciascuno si permette di capovolgere il senso di una canzone nella speranza di trovare qualcuno che capisca e condivida il suo POV. Insomma, un grande giro dell’oca della comunicazione per poi tornare al punto di partenza, con qualche strato di distacco ironico in più: la canzone che trova le "parole per dirlo" meglio di quanto l’ascoltatore non possa fare da solo ha buone chance di diventare un successo commerciale. Siamo di nuovo nel territorio spesso trattato da questa rubrica: il confine sottile tra ciò che è familiare (la nostalgia per qualcosa di perduto) e l’inusuale (un modo “diverso” di esprimersi).

Eddie Brock: nostalgia anni ’80 e crescita dinamica

Di nuovo nella musica di Eddie Brock, in verità, non c’è moltissimo a primo impatto. I suoni delle molteplici tastiere sovrapposte nella produzione di Vincenzo Leone aka Vince Lion sono familiarissimi a chiunque abbia ascoltato una ballad prodotta tra il 1983 e il 1995, dal timbro di pianoforte inscatolato ai tappeti sintetici di moquette. Tutto nell’arrangiamento del primo minuto e mezzo di canzone ci comunica la sofficezza di un successo radiofonico d’altri tempi. Ma "Non è mica te" cresce, tecnicamente parlando: la dinamica del canto che aumenta; la seconda strofa con un ritmo del cantato decisamente più fitto, che ricorda un “double time” rap; l’introduzione di una batteria che finalmente a 1:41 può battere con convinzione il quattro quarti lento e inesorabile di un ritornello sparato a voce alta. Ogni cosa cospira per invitare l’ascoltatore a sfogarsi con il cantante in un secondo inesorabile refrain. Che poi è proprio la parte della canzone che spadroneggia nei montaggi di TikTok.

La struttura armonica di “Non è mica te”: perché crea tensione ed emozione

Di fresco, ma classico, c’è il giro armonico, quattro (occasionalmente cinque) accordi ripetuti allo sfinimento che hanno la capacità di trascinare, nonostante le ripetizioni e la mancanza di un bridge o qualcosa per rinfrescare metaforicamente l’aria. Per farti apprezzare il movimento di questi accordi ti invito a sentire il pre-ritornello, dove l’incastro risulta particolarmente efficace anche per la coincidenza delle liriche. Una volta arrivati all’accordo che dovrebbe sancire l’arrivo a casa (un arrivo malinconico, segnalato dalla settima maggiore, ma comunque in teoria un approdo) ecco che invece siamo invitati subito ad apprezzare tutta l’insofferenza del protagonista.

"Il cielo non è più lo stesso", canta Eddie anticipando che qualcosa non quadra in questa apparente posizione di riposo, e il dettaglio fuori posto si fa sentire presto: "la mia bocca non ha", canta alzando la potenza di emissione del suo gracile timbro vocale mentre si alza anche l’ultima nota dell’accordo, e ci troviamo in una settima dominante fuori posto, perché tipica (appunto) dell’accordo di grado cosiddetto dominante. Di fatto, siamo usciti momentaneamente dalla tonalità della canzone, con un espediente (la cosiddetta dominante secondaria) che normalmente viene usato per proiettarci il più speditamente possibile verso un accordo, come si sente un attimo prima del ritornello di Hey Jude.

Ma non è finita. Letteralmente, alla frase manca un complemento oggetto: sopra "il tuo sapore" arriva un accordo imprevisto, non solo fuori tonalità ma non previsto dalla precedente sostituzione; si tratta di un’altra dominante secondaria, che nuovamente ci proietta in avanti con urgenza. Ma anche qui, anziché portarci verso l’accordo per cui di norma viene usato (dal secondo al terzo accordo di Maxwell’s Silver Hammer, se vogliamo usare un altro esempio beatlesiano), questo slancio non conduce da nessuna parte perché il giro riparte da capo.

Che tutto questo complicato incastro di accordi sia un modo molto arguto e dotto di segnalare l’inutilità di queste nostalgie, le quali sono sempre destinate a ricascare in una nuova successiva insoddisfazione; o che si tratti di un’irruenza vuota e fine a sé stessa, uno sforzo armonico muscolare che non va da nessuna parte, non è dato sapere. E non importa nemmeno, perché l’ascoltatore che normalmente (e giustamente) non ha nessuna competenza di teoria sente ugualmente la fatica del protagonista, la sua frustrazione esistenziale, e la fa sua. E così, prima ancora di pensare a un modo per memificare la canzone, ne è già diventato il vero protagonista.

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