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La denuncia di Barbero: “Biblioteche statali in coma, al Governo non interessano”

Lo storico e scrittore Alessandro Barbero si scaglia contro il disinteresse dei ministri di cultura e università, Dario Franceschini e Gaetano Manfredi, nei confronti dello stato “comatoso” delle biblioteche pubbliche nel nostro Paese, a cui tra regole cervellotiche e pandemia è diventato quasi impossibile accedervi.
A cura di Redazione Cultura
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"La situazione delle biblioteche italiane è comatosa; e l’impressione di tutti coloro che ne avrebbero bisogno per poter fare il loro lavoro è che i ministri dei Beni culturali e dell’Università non se ne preoccupino affatto". Non la manda a dire lo storico e scrittore Alessandro Barbero, voce autorevole della cultura italiana e da qualche tempo volto familiare anche per un pubblico più di massa. La situazione delle biblioteche italiane con la pandemia si è certamente aggravata, motivo per cui il vincitore del Premio Strega 1996 scrive un articolo su La Stampa dal piglio autorevole, denunciando una situazione incresciosa riguardante lo stato delle biblioteche in Italia, perché quando parliamo di cultura ormai parliamo di tutto fuorché di ciò che di ogni cultura rappresenta la base, la possibilità di accesso alle fonti, ai documenti, alle carte.

"Milioni di persone, tra cui i figli e i nipoti di molti di coloro che leggono questo articolo, sono nell’impossibilità di lavorare normalmente non a causa di restrizioni dolorose ma necessarie, bensì a causa di restrizioni cervellotiche, incomprensibili, che sembrano dovute al panico e al rifiuto di assumersi qualunque responsabilità – continua lo storico, amatissimo in podcast anche dai giovani, nel suo articoloMoltissime biblioteche sono aperte soltanto per il prestito. Si scrive richiedendo un libro, e si riceve un appuntamento per andarlo a ritirare. Temo che molti direttori di biblioteca possano avere la sensazione che così, in fondo, la biblioteca assolve alle sue funzioni; e non è così". E più giù continua: "La biblioteca che presta un libro su appuntamento è come un malato tenuto in vita dall’ossigeno e dalle flebo: tecnicamente non è morto, ma quella non è la vita vera."

Il problema delle biblioteche (e degli archivi) è, all'interno della pianificazione culturale italiana, è da sempre un nodo irrisolto. Settore fondamentale, che ad averci una visione ampia, progettuale, dallo sguardo lungo, anche remunerativa da un punto di vista economico, oltre che i per i suoi importanti effetti sulla ricerca, istruzione e quindi benessere complessivo della collettività. Intanto, con la pandemia, la situazione già carente si è aggravata, al punto da rendere le biblioteche dei luoghi per eletti, così almeno argomenta Barbero nella sua denuncia: "E poi ci sono le biblioteche nelle quali non si entra se non si appartiene agli eletti. Molte biblioteche universitarie italiane hanno deciso che i loro servizi finché dura l’emergenza sono riservati ai loro docenti e studenti – scrive. "Il risultato è che una mia dottoranda, laureata a Bologna e abitante a Bologna, non può lavorare nelle biblioteche dell’università di Bologna, perché il suo dottorato è all’Università del Piemonte Orientale".

E poco dopo, a conclusione dell'articolo, scrive: "La verità è che per effetto combinato di tutte le restrizioni, le biblioteche sono inutilizzabili e di conseguenza deserte" ma "la sensazione di tutti, ricercatori e studenti, è, come dicevo, che non importi niente a nessuno. Io sarò felicissimo di essere smentito dai ministri dei Beni culturali e dell’Università, non a parole, che non costano niente, ma con provvedimenti concreti per far sì che in questo tempo di epidemia le biblioteche italiane attuino provvedimenti coerenti, motivati, per combattere il contagio, evitando i provvedimenti indiscriminati e immotivati che colpiscono a morte un altro settore, vastissimo, strategico e vitale, della società e dell’economia italiana."

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