Ken Follett: “Il Nobel? È per una Letteratura intellettuale che non mi interessa, ma non mi sento limitato”

"Non ho alcun interesse nella vittoria o meno del Nobel per la Letteratura". Non soffre di alcun tipo di complesso Ken Follett, forte di milioni di lettori e un'adorazione che da anni lo rende uno degli scrittori più amati al mondo. Ogni suo libro diventa un best seller, tutti vanno primi in classifiche in svariati Paesi, ci sono libri cult come I pilastri della Terra che, in qualche modo, torna pure nel suo ultimo Il cerchio dei giorni che trasporta il lettore all'epoca del Neolitico, in quella che oggi è la Gran Bretagna, per approfondire uno dei grandi misteri che da millenni insegue l'uomo, ovvero la costruzione – come fu per la Cattedrale del suo libro più famoso – di Stonehenge che vede tra i protagonisti Seft, Joia e Neen.
Durante un incontro con alcuni giornalisti, lo scrittore britannico ha parlato del suo ultimo libro, ma anche della questione israelo-palestinese e del premio Nobel per la Letteratura (assegnato allo scrittore ungherese László Krasznahorkai). Follett non ha alcuna aspirazione a un premio che guarda a un tipo di letteratura a cui non è interessato e che non ha voglia di scrivere: "Non mi interessa il Premio Nobel – dice rispondendo a Fanpage -. Il mio obiettivo come scrittore è raccontare storie che la gente possa amare e leggere fino alla fine. Il premio Nobel viene assegnato a un tipo particolare di letteratura, molto intellettuale, non è il genere di cose che scrivo io, non lo farei mai".
"Quando ho iniziato ho provato diversi tipi di scrittura. Ho scritto sceneggiature per la radio, la televisione e il cinema, ho provato a scrivere un'opera teatrale e mi è diventato chiaro che ero davvero bravo a scrivere romanzi – ha raccontato Follett parlando dei suoi esordi -. Non credo che potrei scrivere quello che potremmo chiamare un romanzo letterario. Semplicemente perché le cose che un romanzo letterario esamina non mi interessano perché a pagina cinque un uomo entrerebbe nella stanza con una pistola in mano e rovinerebbe tutta la storia – dice ridendo -. Questo, però, non mi fa sentire limitato, sono davvero molto contento delle storie che scrivo".
Follett attraversa il romanzo, ma anche l'attualità, negando che i conflitti interni al romanzo riflettano quelli di oggi in Ucraina e in Palestina: "È triste, ma la guerra è sempre esistita. Gli esseri umani l'hanno sempre fatta. In tutti i momenti della Storia le persone, gli esseri umani sono stati uccisi con metodi violenti. Diciamoci la verità, è un dato di fatto deprimente, ma gli esseri umani hanno sempre fatto la guerra". Chiedere allo scrittore il suo parere sulla questione mediorientale è naturale, visto che nel 1979 Follett ambientò il libro Triplo durante il conflitto arabo-israeliano, eppure, spiega, oggi non riuscirebbe a scriverne: "In un romanzo la storia deve avere una conclusione – dice rispondendo a Fanpage -. Non deve essere necessariamente un lieto fine, anche se di solito lo è, ma deve esserci. Non è possibile scrivere un romanzo sulle crisi politiche attuali perché non sappiamo come andrà a finire".
Follett ribadisce di desiderare ciò che vogliono tutti, ovvero la pace in Medio Oriente "che gli israeliani potessero vivere in pace con i loro vicini e che i palestinesi potessero vivere in pace con gli israeliani" e non vedrebbe bene alcun ruolo per Tony Blair, che nei giorni passati è stato indicato come un possibile responsabile per il rispetto degli accordi.

Stonehenge è uno dei più grandi misteri che la Storia ha portato fino ai giorni nostri, e proprio ha spinto lo scrittore a voler studiare l'argomento, approfondirlo e usare quello che ha scoperto per scrivere Il cerchio dei giorni: "Molti archeologi sono convinti che prima del monumento in pietra a Stonehenge vi fosse un monumento in legno. Non sono tutti d'accordo, il consenso non è universale, a me è parso che fosse molto sensata questa ipotesi, quindi penso che sia più credibile che i protagonisti della mia storia volessero ricostruire un monumento, stavolta in pietra, che non costruirlo ex novo, perché già c'era qualche cosa" ha spiegato lo scrittore che ha aggiunto che la scelta di farlo in pietra è anche perché "un monumento in legno è soggetto agli incendi, mentre un monumento in pietra, no".
La costruzione di Stonehenge ricorda anche la costruzione della cattedrale ne I pilastri della terra: "Costruire qualcosa in un romanzo è una buona idea perché è una missione e questo dà forma al romanzo. All'inizio della storia, le persone decidono di costruire qualcosa e man mano che il progetto procede, incontrano battute d'arresto e trionfi e alla fine hanno successo. Stonehenge rappresenta la lotta per l'identità di alcuni popoli dell'età della pietra. Credono che questo monumento durerà per migliaia di anni e che il loro monumento, la loro identità, saranno visibili a tantissime persone"
Follett ha anche parlato del suo modo di scrivere: "Quando scrivo non ho niente da insegnare. Quando scrivo un romanzo non penso di stare insegnando qualche cosa a qualcuno, quello che veramente mi interessa è creare un mondo immaginario e attrarre i lettori dentro questo mondo al punto in cui veramente i personaggi cominciano a stargli a cuore, a essere al centro della loro attenzione, a curarsi di queste persone sul piano emotivo". Lo scrittore sarà protagonista questa sera alle 18.30 al Teatro Carcano di Milano per incontrare i suoi lettori.