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Andrea Camilleri

G8 di Genova e Andrea Camilleri: quando Montalbano: si infuriò contro i poliziotti

Nel 2003 uscì il settimo romanzo della serie di Montalbano dal titolo “Il giro di boa”. Un romanzo diverso dagli altri, scritto da Camilleri a seguito di alcuni fatti che lo “indignarono in modo particolare”: si trattava del G8 e della scuola Diaz, e di tutto quello che n’è seguito. A diciotto anni da quel 21 luglio 2001 e a tre giorni dalla scomparsa dello scrittore siciliano, ecco cosa pensò Salvo Montalbano dei suoi colleghi.
A cura di Federica D'Alfonso
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Lo scrittore Andrea Camilleri, scomparso il 17 luglio 2019.
Lo scrittore Andrea Camilleri, scomparso il 17 luglio 2019.
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La scomparsa di Andrea Camilleri ha lasciato un vuoto incolmabile: laddove oggi c’è silenzio prima c’era una voce forte, decisa e coraggiosa, capace di parlare attraverso i personaggi dei suoi romanzi del mondo vero, anche quando ai più sembrava meglio tacere. E come sempre continuerà a fare, sedici anni fa Camilleri sceglieva di parlare, attraverso la voce del suo Montalbano, di Genova e del G8. Il commissario di Vigata fu infatti uno dei primi poliziotti a parlare di quei giorni di luglio del 2001, della scuola Diaz e della violenza: indignandosi, e minacciando le dimissioni.

“Il giro di boa”: Montalbano contro il G8

Nel 2003 l’editore Sellerio pubblica il settimo romanzo della serie che vede protagonista il commissario Salvo Montalbano. Il titolo stesso del libro suggerisce che non sarà una storia come le altre: “Il giro di boa” segna una svolta nel modo in cui Andrea Camilleri aveva fino a quel momento raccontato il suo personaggio più famoso, sempre attento e critico nei confronti della contemporaneità ma mai spinto fino al limite della linea sottilissima che lo scrittore siciliano traccia fra finzione e cronaca.

“Mi sono amminchiato”, dichiarerà Salvo Montalbano. Era la prima volta che il commissario di Vigata perdeva le staffe in modo così fragoroso e incontrollato: a provocare la sua rabbia non era stato l’ennesimo caso di omicidio, né qualche intoppo nelle indagini. A farlo arrabbiare quella volta era stata la realtà, la stessa che tutti gli affezionati lettori dei romanzi di Andrea Camilleri avevano avuto sotto gli occhi in quei giorni del luglio 2001: anche il commissario siciliano guarda il tg e apprende i fatti del G8 di Genova e le violenze dei suoi colleghi alla scuola Diaz. E di stare in silenzio, quella volta, proprio non gli va.

(…) Per lui, che già da qualche mese nuotava alla disperata in mezzo a un mare in timpesta, e si sentiva a tratti perso come un annegato, quella notizia era stata uguale a una vera e propria pitrata tiratagli addosso, anzi una pitrata che l’aviva pigliato preciso ’n testa, tramortendolo e facendogli perdere le ultime, debolissime forze. (…) Ascutata la notizia, per una mezzorata Montalbano era restato assittato sulla poltrona davanti al televisore, privo della capacità di pinsari, scosso da un misto di raggia e di vrigogna, assammarato di sudore. Non aveva manco trovato la forza di susirisi per rispondere al telefono che stette a squillare a longo. Bastava ragionare tanticchia supra quelle notizie che venivano date col contagocce e con governativa osservanza dalla stampa e dalla televisione per farsi preciso concetto: i suoi compagni e colleghi, a Genova, avevano compiuto un illegale atto di violenza alla scordatina, una specie di vendetta fatta a friddo e per di più fabbricando prove false. Cose che facevano tornare a mente episodi seppelluti della polizia fascista o di quella di Scelba.

A differenza di molti degli altri romanzi “Il giro di boa” ha una precisa collocazione temporale: si apre infatti con un Montalbano arrabbiato e deluso per una notizia ascoltata la sera prima in televisione, in procinto di dare le dimissioni dal corpo di polizia. La notizia è proprio quella relativa ai fatti del 21 luglio 2001, quando gli agenti irrompono nella scuola Diaz picchiando e arrestando la maggior parte degli occupanti. Fatti che, secondo Salvo Montalbano, hanno “allordato” il nome della polizia.

Camilleri: "Montalbano vuole legalità e trasparenza"

Tutto questo provocherà una crisi di coscienza nel commissario, già da tempo messo a dura prova dal suo lavoro: in un dialogo con Mimì Augello esprimerà la volontà di lasciare l’arma dichiarandosi, senza mezzi termini, “tradito” dai suoi colleghi di Genova. Andrea Camilleri parla attraverso il personaggio Montalbano con una schiettezza e una forza fuori dal comune: lo scrittore stesso spiegherà come “Il giro di boa” sia nato, più che da un’esigenza letteraria, “sotto l’impulso di due avvenimenti distanti tra loro, ma che mi colpirono e m’indignarono in modo particolare”.

Qualcuno ha detto che «è grave che si attacchi la polizia in modo così gratuito». Non si tratta di un attacco alla Polizia. Come potrei se il mio personaggio più amato è un poliziotto che fa onestamente, lealmente, il suo dovere? E poi perché gratuito? Non c’è un processo in corso a Genova contro alcuni appartenenti alla Polizia? Il Capo della Polizia, il dottor De Gennaro, interpellato in proposito, ha dichiarato ai giornalisti che la Polizia svolge la sua attività essenziale per i cittadini nella legalità e nella trasparenza. Montalbano non può che essere d’accordo col suo Capo: vuole proprio questo, legalità e trasparenza.

Così parlava Andrea Camilleri nel 2005, un mese prima del primo processo per il 45 imputati per la Diaz e Bolzaneto: nel settembre di quell'anno va infatti in onda anche la puntata della serie televisiva interpretata da Luca Zingaretti tratta proprio da “Il giro di boa”. Una nuova occasione, per Camilleri, di ribadire la sua lucida posizione critica rispetto ai fatti del G8: lo scrittore non farà mai un passo indietro continuando, come aveva sempre fatto e sempre farà, a parlare al suo pubblico con franchezza e responsabilità.

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