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Vincenzo Malinconico - Avvocato d'insuccesso

Diego De Silva: “L’avvocato Malinconico piace perché ci mostra i nostri limiti”

Diego De Silva ha raccontato a Fanpage come nasce la saga dell’avvocato d’insuccesso Malinconico, che stasera parte anche in tv, su Rai1.
A cura di Francesco Raiola
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Massimiliano Gallo e Diego De Silva
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L'avvocato Malinconico approda in televisione, dopo aver riempito le pagine dei libri. Creato dalla penna di Diego De Silva, Malinconico nasceva – il rimo libro era "Non avevo capito niente" – per raccontare il precariato della classe media, ma senza un'idea seriale che visto anche l'enorme successo ha assunto anche perché è un personaggio ad altezza d'uomo, che racconta vite comuni, più il fallimento che il successo, la malattia, la paternità, l'amore, le difficoltà quotidiane, con un'ironia che lo ha reso amatissimo anche grazie alla scrittura di De Silva, che prima di gettarsi in questa avventura era considerato uno dei migliori scrittori italiani della sua generazione, anche grazie a libri come La donna di scorta e Certi bambini. Dopo aver conquistato i lettori, quindi, la storia di questo avvocato d'insuccesso arriva in tv: dal 20 ottobre, infatti, Malinconico, interpretato da Massimiliano Gallo, accompagnerà gli spettatori di Rai1.

Come nasce l'avvocato Malinconico?

Malinconico nasce innanzitutto dalla mia voglia di misurarmi con la prima persona. Fino ad allora avevo sempre scritto in terza, mentre scrivendo in prima mi resi conto di potermi permettere tutta una serie di libertà che in terza mi erano precluse, prima fra tutte la digressione, la possibilità di cambiare sempre discorso e andare fuori tema, che è una cosa che ho sempre fatto volentieri. E non perché non fossi capace di restare sul tema, semplicemente il tema non mi interessava.

Avevi un po' di libri di successo alle spalle, cosa ti portò a cambiare tutto?

Intanto volevo scrivere un libro divertente, mentre quelli precedenti erano robustamente drammatici. Ho sempre amato molto la Letteratura che fa ridere, la Letteratura, però, non le barzellette e quando parlo di letteratura che fa ridere intendo Martin Amis, Tibor Fischer e Nick Hornby. Poi avevo anche voglia di saccheggiare la mia esperienza lavorativa, visto che ho fatto l'avvocato per diversi anni e mi andava di raccontare il precariato di quella classe di professionisti, perché era qualcosa di cui non si parlava ma che avevo sotto gli occhi tutti i giorni. Così nasce Malinconico, che è un avvocato d'insuccesso, la negazione del protagonista del legal thriller, fighissimo, palestrato, che va a giocare a golf coi magistrati, ha donne stupende, mentre il protagonista dei miei libri è uno dei tanti che lottano per arrivare a fine mese e se pure ci arrivano hanno una vita sgangherata, un divorzio alle spalle, due figli, di cui una adottata, insomma è uno di noi. È un perdente ma non è un fallito.

Pensavi fin da subito che potesse diventare un personaggio seriale?

Inizialmente no, pensavo che Malinconico finisse lì, poi quando ebbe un successo inatteso, piacque subito ed arrivò alto in classifica la casa editrice mi ci fece pensare. Dissero che era una formula che poteva funzionare e mi suggerirono di pensarci, ma nonostante questo non è che avessi idea di farlo diventare seriale. Se ci fai caso, infatti, è un seriale abbastanza anomalo, Malinconico invecchia, i seriali restano uguali, lui segue l'anagrafe, poi gli succede di tutto, cambia donna, si ammala, adesso è diventato nonno, è uno che invecchia con me, accompagnato dalla vita. Poi è un perdente, mentre i seriali vincono: sono magistrati, poliziotti, investigatori, gente che risolve sia il caso che la vita. Continuando a scrivere, però, mi sono reso conto di una cosa, che Malinconico aveva una voce e questa voce mi apparteneva profondamente, quindi ogni volta che scrivo di lui sono facilitato da questo: Malinconico è un modo di pensare, come se sdoppiassi me stesso e guardassi la realtà attraverso il suo senso del ridicolo.

Quindi anche tu avevi la battuta pronta ma dopo dieci minuti?

Esattamente, e una delle ragioni per cui scrivo è proprio quella di avere il tempo di dare la risposta giusta.

È questa sua normalità, quindi, che è piaciuto più di tutto al pubblico?

Cosa c'è di più gratificante che riconoscersi nei limiti di un altro? Massimo Troisi era esattamente questa cosa qui, quando lo vedevi nelle situazioni di difficoltà dalle quali non sapeva uscire rivedevi te stesso e ti veniva da ridere perché ti rendevi conto che quella sua condizione era la tua, eppure potevi riderci su, sdrammatizzarla guardandola dall'esterno.

“Non avevo capito niente” non doveva chiamarsi così, vero?

Inizialmente eravamo combattuti tra "Outlet" e "I frigoriferi degli uomini soli" e poi mi venne questa idea, "Non avevo capito niente", che è un po' il manifesto di Malinconico.

Che impressione ti ha fatto vedere Malinconico con il volto di Massimiliano Gallo?

Finché Massimiliano non ha preso le sembianze di Malinconico non sapevo come fosse. Io non descrivo mai, quindi non facendo descrizioni non ho mai saputo chi fosse il mio personaggio, finché, appunto, Massimilano non ne ha preso la parte. Oggi, per me, Malinconico ha la sua faccia, nel senso che lui è riuscito a impersonare nel senso letterale il personaggio. Riesce veramente a prenderlo in tutte le sfaccettature e tutti i registri ed è una cosa veramente difficile, perché se vuoi fare di Malinconico una macchietta non ci vuole niente, ma se vuoi raccontare la complessità del personaggio, la sua profondità e tenerezza, bisogna saperlo fare bene. Man mano che passavano i giorni Massimiliano diventava sempre di più Malinconico, pensava come lui e ache quando eravamo fuori dal set talvolta faceva delle osservazioni proprio alla Malinconico.

Quando si dice che un attore fa suo il personaggio che interpreta…

Sì, ti faccio un esempio: nella serie, la cartella da lavoro lui non la porta mai lungo il fianco, ma la tiene attaccata a sé, l'abbraccia, quasi fosse una coperta di Linus. Ecco, quella cosa l'ha inventata lui, gli è venuta spontanea, una cosa tipica di quando l'attore diventa un personaggio.

Come funzionava il vostro rapporto sul set?

È stato bellissimo, ci siamo intesi subito fin dal primo momento, anche con il regista, Alessandro Angelini, avevamo una triangolazione perfetta. Massimiliano era agilissimo nell'entrare e uscire dalla scena, poi recitava sempre con il sorriso sulle labbra, era sempre di buon umore, ed è stato anche un ottimo leader. In più è anche il suo primo ruolo da protagonista assoluto, ci è arrivato dopo tantissimo lavoro e tanta gavetta, teatro, quindi è un punto d'arrivo e sono sicuro che verrà apprezzato tantissimo per le sue capacità.

Dobbiamo aspettare un nuovo Malinconico?

Per quanto riguarda una seconda stagione ci stiamo pensando, intanto vediamo come va questa. Per quanto riguarda il prossimo libro, invece, ho pensato di non fare un Malinconico, ne farò uno diverso, poi ci ritornerò. Anche per dare un po' di respiro, del resto per chi non conoscesse il personaggio e avesse voglia di leggerlo ci sono sei libri, penso che siano abbastanza per chi ha voglia di scoprirlo.

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