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Cirque du Soleil: Mondi lontani, forse troppo

Arriva in sala “Mondi Lontani” il film in 3D creato dal Cirque du Soleil in collaborazione col maestro delle animazioni 3D, James Cameron.
A cura di Simone Petrella
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Il 3D è una tecnologia ancora in fase di sperimentazione, che raramente vede nascere lavori di grande valore, mentre nella maggior parte dei casi aggiunge poco o nulla al film, trasformandosi quasi in un fastidio per la necessità degli occhialini, il biglietto più alto, lo spezzarsi dell’immagine tridimensionale al limite del bordo dello schermo e il rischio di mal di testa che a volte le immagini generano.

Ci sono alcuni casi, infine, in cui il sistema 3D amplifica i difetti di un’opera. Ed eccoci arrivati alla proiezione di Cirque du Soleil: Mondi Lontani 3D. Alla domanda: «come imprimere le nostre acrobazie circensi sul grande schermo?» probabilmente la compagnia dà una delle peggiori risposte.

Il Cirque du Soleil è una compagnia teatrale affermata nel mondo, ha innovato le tecniche circensi costruendo macchinari complessi e spettacolari da usare in scena. Una delle particolarità del gruppo è lo sviluppo narrativo degli spettacoli, che non vedono mai un susseguirsi di pezzi, ma una storia che accompagna il pubblico attraverso i numeri, alimentata dalle musiche originali eseguite dal vivo.

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Tutti questi elementi si fondono nel film con un risultato ben poco riuscito. Il passaggio dal palco reale all’immagine digitale rende lo sviluppo narrativo estremamente manierato, melenso e le musiche non fanno che alimentare questa sensazione.

Ma soprattutto il 3D rema contro lo spettacolo stesso del Cirque du Soleil. Sebbene per la realizzazione – che infatti dal punto di vista tecnico è ineccepibile – si sia scomodato addirittura James Cameron, e per la regia Andrew Adamson (regista di Shrek), il risultato non funziona, proprio perché applicato al mondo circense.

 Le esecuzioni di artisti che dimostrano tutta la maestria di chi è nato e vissuto in un circo diventano impressionanti e affascinanti se viste da una prospettiva teatrale, ma messe in scena con un ritmo frenetico, con inquadrature che non ti lasciano il tempo di godere di un’acrobazia e con dei rallenty all’avanguardia della moda del momento si trasformano in un caos di immagini.

L’esuberanza tecnica degna di Avatar, la regia degna del migliore film d’azione americano, cozzano con il senso di quello che si sta facendo e l’enorme spettacolo che ci viene messo davanti perde di significato, di valore, fino a farci domandare: ma cosa abbiamo visto?

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