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Alfa: “Ho provato a essere cool, ma la normalità è la mia arma vincente”

Alfa si è raccontato a Fanpage dopo l’uscita dell’album “Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato”: il nuovo album, i primi passi, il successo, le difficoltà, e l’emozione del padre e del nonno.
A cura di Francesco Raiola
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Alfa a Fanpage (ph Francesco Galgano)
Alfa a Fanpage (ph Francesco Galgano)

Alfa è cresciuto molto in questi pochi anni in cui ha conosciuto quella popolarità che gli era un po' scoppiata in mano. Cin Cin, la viralità, TikTok, ma senza lasciarsi fregare dall'istinto pavloviano quando leggiamo il nome della piattaforma cinese, Alfa sa cosa fare della musica che ama, e non è un caso che ha man mano conquistato fan e solidità, come dimostra anche questo nuovo album "Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato", anticipato dall'enorme successo di Bellissimissima, che l'estate scorsa conquistò le classifiche, regalandogli anche il pass per Sanremo dove oltre a Vai! che dà conto del suo amore per l'indie folk americano, ha anche duettato con Roberto Vecchioni in una versione emozionante di "Sogna, ragazzo sogna". A Fanpage, il cantautore ha raccontato l'album, ma ha anche raccontato come si sopravvive a questo successo enorme e improvviso, il suo tour nei palazzetti e la salute mentale, tra le altre cose.

Mi chiarisci la storia per cui tutti credono che tu sia un rapper, adesso?

È una cosa molto divertente, per i giornalisti se hai meno di 30 anni e canti sei un rapper per forza, ma a me piacerebbe più essere chiamato cantautore. In realtà io vengo dal rap, facevo le battaglie di freestyle e quando avevo 14 anni mio padre mi portava nei centri sociali a Genova perché sballavo a fare freestyle e insultare la gente in rima.

Quand’è la prima volta che hai scritto qualcosa che hai ritenuto pubblicabile?

Ero piccolo, avevo 15 anni e ho pubblicato una canzone prima di pensare che fosse pubblicabile, avevo questo canale Youtube segreto, mi chiamavo Alfa per negare il fatto che fossi io, quindi caricavo brani che oggi non avrei mai avuto il coraggio di caricare. Per questo sono molto grato al mondo del web, perché ho avuto l'incoscienza di pubblicare, infatti c'è della roba di cui mi vergogno tantissimo, però fa lo stesso. Dico questa cosa che non sa nessuno: c'è un video di me che prima di fare il cantante ho fatto lo youtuber, avevo nove anni, e c'è questo video che non riesco a cancellare di me bambino che gioco ai videogiochi e ogni giorno lo segnalo, cerco di buttarlo giù, ma non c'è modo, perché ho perso la password di quel canale e sarà sempre online, però non c'è il mio nome, quindi è difficile da trovare, però esiste.

"Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato" è l'album che dopo Sanremo ti dà una voce anche maggiore.

Sì, è un album di maturità, con un concept, un'idea, brani legati tra loro anche a livello di transizioni, esce un pezzo e inizia l'altro, con una direzione musicale chiara: il folk americano. Sono molto, molto orgoglioso, perché è un punto d'inizio di un immaginario musicale, ma anche estetico, che voglio portare avanti e che in Italia non c'è: quell'immaginario un po' britpop, un po' inglese. Pensa anche al concetto della divisa: la maggior parte dei miei artisti preferiti ce l'hanno, tipo Chris Martin dei Coldplay, Ed Sheeran, mentre a Sanremo mi prendevano in giro, dicevano che non mi lavavo, non mi cambiavo. Però sono contento che questa cosa, piano piano, arriverà.

Hai citato quello che rimastichi a modo tuo, da certi Coldplay a Sheeran, passando per l'indie folk americano…

Per me l'indie folk è materia di ispirazione soprattutto per i testi. Sono convinto che ci sia una correlazione tra dove vengo io, la generazione del cantautorato genovese e il cantautorato folk americano, perché, sembrerà strano, ma Bon Iver non è così diverso da De Andrè, entrambi usano la chitarra, entrambi hanno un approccio di scrittura con immagini semplici ma poetiche. Tutti i grandi autori e produttori – a prescindere dal genere ce fanno – sanno fare pop, perché la bellezza del pop, che è ancora oggi un genere snobbatissimo, è il fatto di arrivare a tutti, per questo credo che la signora che mi canta in faccia "Bellissimissima", senza riconoscermi, è una cosa bella.

È un album in cui si parla d'amore nelle sue varie forme, anche carnali, si parla di sesso, di lato b, è la maturazione in ogni senso. Fino a poco tempo fa, forse fino a Bellissimissima, la tua immagine era asessuata.

Sì, dai, l'amore è anche sesso, nel senso che a 23 anni, come tutti ho le mie esperienze e cerco l'amore in quello. Ne parlo in maniera carnale ma dolce, dico: "Hai un lato b che neanche il mio vinile preferito", come dire "hai un cu*o bellissimo" però in maniera più elegante.

È un album in cui citi tantissimo i tuoi amici, che chiami per nome, come a dire che la tua crescita, in realtà, è collettiva, no?

I miei amici sono tutto, sono quelli che mi tengono qua, da un punto di vista di normalità. Ci ho provato anche a essere cool, a capire cos'era quel mondo, ma non fa per me. Io ho veramente cominciato a scrivere perché la musica era la mia migliore amica, non perché un giorno avrei voluto essere famoso, volevo fare il cantante come si vuol fare l'astronauta, quindi quando è successo è stato bello, ma anche forte, perché era un desiderio talmente grande che per uno come me, timido, che sogna senza aspettative, è stato forte. Per me la normalità è stata la carta vincente perché credo davvero che ci sia tanta finzione in giro, non sarebbe male se i cantanti fossero un po' più sinceri, in primis con loro stessi. Io non rinnego, sono stato orgogliosamente sfigato alle medie e al Liceo, e oggi sono orgogliosamente normale, perché è quello che mi fa sentire speciale.

Sul palco, però, diventi speciale. Lì c'è uno switch, no?

C'è sicuramente uno switch quando salgo sul palco, anche da un punto di vista adrenalinico, nel senso che non mi rendo conto di quanto salto, corro, mi muovo.

Adesso che passo in più si fa?

Beh, questo è il primo tour nei Palazzetti e già questo per me è strano, se penso che il mio primo live è stato in una gelateria mi dico: "Ok, che percorso!". È un palco molto teatrale perché avendo cominciato dalla cameretta mi sono detto: costruiamo una casa. Così siamo andati all'Ikea a comprare tavolo, cucina, bagno, letto, diamo un'idea di intimità.

Non posso non chiederti di Sogna ragazzo sogna, soprattutto dopo l'interpretazione a Sanremo, che ha detto tuo padre?

Beh, Vecchioni è il cantante preferito di mio padre, io sono in questo mondo perché mia madre e mio padre si sono innamorati con una canzone di Vecchioni, che è Luci a San Siro. Mio papà ha pianto tutte le lacrime che aveva e quando l'ho chiamato mi ha detto: "Cosa ti devo dire? Mio figlio che canta col mio idolo…". È stato un bel momento, i miei in questo momento sono molto uniti e anche spaventati, inevitabilmente, perché col figlio che fa Sanremo, i palazzetti, ci sta che abbiano una sorta di istinto di difesa nei miei confronti, anzi gli sono grato per questo, perché mi hanno sempre lasciato fare tutto.

Guardandoti su quel palco ho pensato quasi che tu non arrivassi alla fine dell'esibizione per l'emozione, sembrava quasi che stessi per scoppiare a piangere.

Sì, poi le lacrime le ho messe indietro: nella mia vita, a livello di autostima, c'è un prima e un dopo. La mia autostima è cambiata molto dopo questa esibizione.

In Nei tuoi occhi cosa c’è canti: "Ho scritto a mio nonno anche poi dopo che lui se ne è andato, ma dopo qualche giorno mi son vergognato”, poi dici che hai conservato il numero. Mi racconti come nasce questa cosa?

Mio nonno è stato il mio primo fan inaspettato, lui era medico, mia madre è medico, noi siamo tre nipoti, uno commercialista, un altro medico e il terzo cantante, capisci che da un punto di vista familiare ero la tragedia. Però accadde questa cosa: c'è questo giornale ligure che mio nonno legge da sempre (il Secolo XIX, ndr) a cui diedi un'intervista e da quel momento, per lui, sono diventato Vasco Rossi. Quando mancò, nel suo portafogli, c'era questa intervista, quindi con questa sorpresa volevo metterlo nel disco e far riferimento a questa cosa e al fatto che ho ancora il suo numero di telefono perché mi piace l'idea di avere il numero di mio nonno.

Una delle canzoni, invece, nasce dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, cosa è successo?

Il brano si chiama Frida e fa riferimento al caso di Giulia perché quando accadde ne rimasi sconvolto, nel senso che vedendo le loro foto potevano essere il mio compagno di banco o il vicino di casa e in quel momento ho capito perché non si può dire "Non tutti gli uomini". Io in primis prendevo le distanze da quel gesto, è una cosa che non farei mai, non mi appartiene, quindi tendi a dire: "Non tutti gli uomini". Dopo quel caso ho capito perché sia inutile e dannoso per la Cultura e ho sentito la responsabilità di parlare un po' della tossicità dei rapporti, della differenza tra innamorarsi e amare, dove amare è un impegno, richiede umiltà.

In questo periodo è molto forte la questione della sanità mentale, dopo il caso Sangiovanni pare che sia sempre più importante parlarne. Come mai questo tema, secondo te, è più che mai pressante?

È un tema molto ampio, l'industria discografica ha un problema, oggi fanno successo persone molto giovani e l'età giovane e il successo causano un blackout. Io non ho vissuto quello che ha vissuto Sangio ma un po' lo capisco perché quando avevo 18 anni ho fatto Cin Cin, che per me è stato il brano che mi ha lanciato, trasformando la mia passione in un lavoro, quella cosa è stata molto tossica, ho sofferto di depressione, avevo preso 15 chili, so cosa significa. Il nostro è un lavoro in cui la felicità è a picchi, non si crea una stabilità, è tutto basato sugli up&down, come le montagne russe di Bellissimissima e in qualche modo devi imparare a galleggiare, dovrebbe esserci un po' più di umanesimo musicale. Anche questa cultura dell'hype rovina la salute degli artisti: a 18 anni ti ritrovi dal passare dal non essere nessuno a fare i palazzetti, gli stadi, le galassie, i pianeti e poi dopo cosa fai? Hai finito le cose da fare. Io credo ancora nelle carriere costruite mattoncino dopo mattoncino, spero di riuscire ad avere una carriera così, non quel successo isterico che non ti permette più di capire dove sei. Perché quando ti dicono che sei cambiato col successo, in realtà a cambiare sono prima gli altri, è il loro punto di vista, ti trattano in maniera diversa e tu ti devi agganciare alla normalità. E io lo faccio coi miei amici, loro mi tengono qui.

Il tour nei palazzetti

  • 16 APRILE 2024 – NAPOLI – PALAPARTENOPE
  • 19 APRILE 2024 – BARI – PALAFLORIO
  • 21 APRILE 2024 – FIRENZE – NELSON MANDELA FORUM
  • 16 NOVEMBRE 2024 –  ROMA – PALAZZO DELLO SPORT
  • 25 NOVEMBRE 2024 – MILANO – FORUM

Il tour estivo di Alfa

  • 18 MAGGIO – MELILLI (SR) – PIAZZA RISORGIMENTO
  • 30 MAGGIO – CORTONA (AR) – CORTONA COMICS
  • 15 GIUGNO – FÉNIS (AO) –  MUSICASTELLE
  • 26 LUGLIO – ORVIETO (TR) – ORVIETO SOUND FESTIVAL
  • 31 LUGLIO – CHIOGGIA (VE) –  SOTTOMARINA SOUND BEACH
  • 03 AGOSTO – CASTIGLIONCELLO  (LI) – CASTELLO PASQUINI
  • 04 AGOSTO – FORTE DEI MARMI (LU) – VILLA BERTELLI
  • 18 AGOSTO – PORTO SANT'ELPIDIO (FM) – PIAZZA GARIBALDI
  • 25 AGOSTO – MONFALCONE (GO) – GENERATION YOUNG FESTIVAL
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