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Aborto e diritti negati: ecco perché gli uomini dovrebbero essere alleati del femminismo

Tutte e tutti dovremmo chiederci come sia possibile che nel 2022 si possa mettere in dubbio legalmente il principio secondo cui ogni persona, ogni donna sia padrona del proprio corpo.
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Ripercorrendo e analizzando alcuni eventi importanti della storia, grazie allo sguardo distaccato e oggettivo dato dalla distanza nel tempo, appare evidente che siano accaduti in seguito a piccole vicende che a posteriori è facile considerare come i primi sintomi della malattia ma che in principio apparivano di scarsa importanza.

Penso all'ascesa del fascismo, del nazismo, della segregazione e sistematica eliminazione degli ebrei e a tutte quelle testimonianze dirette di chi raccontava di aver, in fin dei conti, sottovalutato il pericolo, aver aspettato troppo a lungo, di non essere riusciti a scappare oltre confine perché convinti, di giorno in giorno, che "peggio di così non può andare" o ancora  "tutto questo non puo' succedere, vedrai che il governo li fermerà".

Penso all'Afghanistan di nemmeno un anno fa, laddove i segni di quello che di lì a poco sarebbe accaduto, erano chiarissimi e leggibili, e nonostante questo siamo rimasti muti a guardare, mentre moltissime erano costrette a scappare e nascondersi fin quando hanno potuto.

Penso a quel che sta accadendo negli Stati Uniti in questi giorni dove una donna americana su tre rischia di perdere l'accesso all'aborto, dove le leggi dello stato della Louisiana costringono una donna a portare avanti la gravidanza, seppure il feto abbia gravissime malformazioni che non gli permetteranno di restare in vita dopo il parto (qui un approfondimento); dove non si permette di abortire ad una bambina di 10 anni stuprata.

Penso alle Marche, regione governata da Fratelli d’Italia dal 2020 che conta una percentuale del 71% di medici o personale sanitario obiettore, dove – come riportato in "un articolo pubblicato dal Guardian e ripreso da TheVision – è oramai quasi impossibile abortire e  centinaia di donne sono costrette a spostarsi in altre regioni d'Italia. Come peraltro segnalato proprio in questi giorni da Chiara Ferragni sui social (di cui potete leggere un approfondimento qui).

Penso a Giorgia Meloni che condivide sulle sue pagine social il video di uno stupro dove la vittima è chiaramente visibile e riconoscibile; e senza pensare alle conseguenze che la condivisione di questo video possa avere per la donna stuprata, lo fa lo stesso e senza alcune remora, per spingere sempre di più la sua campagna elettorale, evidentemente a qualunque costo.

Al di là di ogni aspetto politico ideologico, tutte e tutti dovremmo chiederci con sgomento come sia possibile che nel 2022 si possa mettere in dubbio legalmente il principio secondo cui ogni persona, ogni donna sia padrona del proprio corpo e delle decisioni da prendere sullo stesso. Dovremmo forse renderci serenamente conto che la politica non è tutta uguale, che c'è una gran bella differenza fra amministrare male un paese e offuscarne la democrazia, ledere i diritti fondamentali delle persone.

E allora, guardando a quel che accade in questi tempi ambigui, mi viene da domandarmi se tutti questi grandi e piccoli accadimenti – per quanto mai nessuno di essi è da considerarsi piccolo se coincide con le sofferenze e la vita di una persona – non siano poi quegli stessi eventi che se osservati a posteriori, non risultino essere quei sintomi che portano spesso inevitabilmente al malanno.
E noi non dovremmo forse essere la cura anziché inermi spettatori?

Il primo e principale problema credo sia la nostra autocoscienza di uomini e la capacità di leggere i tempi che viviamo in prima persona con un certo distacco, ampliando il nostro sguardo di maschi alpha. Troppo spesso sento molti uomini affermare serenamente che in Italia non vi è di certo un problema di maschilismo e disparità, perché le loro considerazioni si riferiscono ed esauriscono alla propria bolla. Ed ancora più spesso sono costretto ad ascoltarne altri che – letteralmente dall'alto di un cazzo (e scusate il francesismo) – asseriscono senza alcun dubbio che concetti come maschilismo e patriarcato, non solo sono superati ma anche fastidiosi e "di parte", perché – a loro dire – non c'è alcuna differenza fra uomini e donne. Salvo poi rientrare a casa, sdraiarsi sul divano e lasciare che sia la moglie ad occuparsi di tutte le faccende "femminili" e glorificarsi nel fare una bella "battuta" omofoba con gli amici, perché dopotutto non è che "mi posso metter lì a fare la lavatrice, mica sono frocio ah ah ah!".

Foto di Kevin Dietsch/Getty Images)
Foto di Kevin Dietsch/Getty Images)

Se ci sono uomini (ma non solo) convinti che le donne o le persone non binarie, queer, Lgtb+ possano essere private dei diritti più basiliari – come "abbiamo" lasciato che accadesse in Afghanistan o come sta accadendo negli Stati Uniti o come succede in Russia o in decine di altri paesi e, ahinoi, a quanto pare anche in Italia – è perché, nel mondo "libero", ci sono uomini che ritengono che gli abusi e le molestie quotidiane che le donne subiscono, siano cose normali, goliardate.

È perché ci sono uomini convinti che non si possa dire più niente, che la libertà invece sia poter gridare per strada ad una donna quel che si pensa sul suo corpo, perché dopotutto quel corpo non le appartiene del tutto e che anzi dovrebbe sorridere ed essere grata di un bel complimento. È perché ci sono uomini certi che i femminicidi siano dei delitti comuni e che quelle donne non siano state ammazzate in quanto donne anche se nell'ultimo biennio sono stati più di cento all'anno e 54 nel solo 2022, senza pensare al numero, forse incalcolabile, di violenze di genere; è perché ci sono uomini che, nonostante la disparità salariale sia del 23.7% e la differenza occupazionale dell'11.4% parlano di merito, perché a quanto pare le donne meritevoli sono sempre e inevitabilmente poche; è perché ci sono uomini – e ahimé non solo – che riescono serenamente a dire la frase "se ti vesti così poi non ti lamentare se ti stuprano" oppure "mi auguro che la stuprino cento negri così poi vediamo se li vuole ancora accogliere a casa nostra". E fin quando questi uomini non comprenderanno la profondità dell'errore, o meglio orrore, che continuano a perpetuare, noi altri uomini non avremo pace e non potremo permetterci di restare  a guardare.

Il femminismo di quarta ondata – quello attuale – per sua natura globale, social, intersezionalista e inclusivo, abbraccia qualsiasi tipo di minoranza, discriminazione e oppressione, perché le sovrapposizioni fra diverse identità sociali – etnie, genere, classe sociale – sono spesso oggetto di discriminazioni e oppressioni su più piani. Anche perché per anni il femminismo si è concentrato sui diritti delle donne ma in queste donne non erano incluse, in maniera implicita o esplicita, quelle che appartengono a minoranze etniche o religiose, la comunità LGTBQIA+ o le donne con disabilità. Maggiormente inclusivo però, non solo nei confronti di altre minoranze discriminate in cerca di riconoscimento ma anche verso noi uomini, perlopiù esclusi dalle precedenti ondate.

Esclusi perché in definitiva siamo noi il problema e sarebbe stupido non ammetterlo e non sentirsene parte, seppur cercando di combatterlo: forse proprio per questo ho sempre avuto grandi remore a definirmi femminista, così come ho sempre sofferto nel sentire delle donne emancipate affermare con fierezza "non sono femminista", come se fosse sbagliato esserlo. Perché in definitiva serpeggia sempre un preconcetto, un'idea tutta sbagliata e tutta alpha, che il femminismo sia una forma estrema di lotta che vedrebbe il suo fine nella realizzazione di un mondo popolato di sole donne amazzoni. Ovviamente non è assolutamente così ma a quanto pare e purtroppo va sempre ricordato che il femminismo è – e dovrebbe esserlo anche per noi uomini – un'espressione di uguaglianza, libertà, egualitarismo, pace e sorellanza/fratellanza.

In qualunque modo si voglia pensare e lo si voglia chiamare, il patriarcato esiste ed è fra noi. Perché in fondo tutti questi "piccoli" orrori non sono altro che quei sintomi che permettono al malanno di proliferare, fino all'arrivo dell'uomo – o anche la donna a quanto pare – giusto per far sì che tutto questo non solo sia giustificato, ma anche avallato, amplificato, ulteriormente distorto. Sono i semi della distopia, di quello che noi consideriamo come il fottuto contrario dell'utopia ma che non è poi così lontano e "fantapolitico" da quel che stiamo vivendo.
Qui non è più nemmeno questione di punti di vista o diverse vedute del modo di pensare il mondo o governare un paese, che sono argomenti sui cui è sempre lecito scontrarsi e incontrarsi: qui si parla di persone che vogliono negare diritti e libertà ad altre persone. E non c'è molto da discutere: sono certo che sia sempre giusto restare dalla parte di chi il filo spinato vuole tagliarlo.

Se non ne prendiamo coscienza e non cerchiamo di combattere tutto ciò con tutte le nostre forze, ci ritroveremo un giorno a domandarci come siamo arrivati a questo, come abbiamo potuto permetterlo e guardando il tutto a posteriori ci chiederemo come sia stato possibile che non ci eravamo accorti di quanto i "sintomi" fossero evidenti.

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