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Cocò, bruciato a 3 anni: “Lo hanno ucciso perché il nonno voleva pentirsi”

Altri drammatici dettagli sull’inquientate delitto avvenuto a Cassano allo Ionio nel gennaio del 2014. Giuseppe Iannicelli, ucciso insieme alla compagna marocchina e al nipotino di tre anni Nicola “Cocò” Campolongo, aveva manifestato l’intenzione di pentirsi.
A cura di Biagio Chiariello
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Emergono nuovi particolari dalla triste storia del piccolo Cocò, il cui corpicino era stato rinvenuto a Cassano Ionio, nel Cosentino, arso sul seggiolino della sua macchina dopo che qualcuno aveva ammazzato lui, suo nonno Giuseppe Iannicelli e la ventisettenne marocchina Ibtissam Touss che era con loro. Sembra che l’anziano avesse manifestato l'intenzione di pentirsi in una lettera inviata alla moglie. L’ipotesi, lo riporta Strettoweb.com, prenderebbe piede alla luce del contenuto del fermo eseguito dalla Guardia di finanza su disposizione della Dda di Catanzaro nella recente operazione ‘Gentleman’.

Colpo al narcotraffico: 33 arresti

Della lettera – di cui in realtà gli investigatori non hanno ancora traccia- avrebbe parlato il fratello di Giuseppe Iannicelli, Battista, agli inquirenti che indagano sul clan "degli zingari" attivo a Cassano Ionio e le sue dichiarazioni sarebbero al vaglio della dda di Catanzaro che nei giorni scorsi ha fatto in modo che la guardia di finanza eseguisse 33 ordinanze di custodia cautelare in Calabria, Puglia, Basilicata, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia. Oltre tre tonnellate di stupefacente sequestrato, per un valore di mercato stimato in 53 milioni euro. Sequestrati anche un ingente arsenale di kalashnikov, auto di lusso, immobili ed alcune imbarcazioni utilizzate per il trasporto dei carichi.

L'atroce morte di Cocò

Nicola ‘Cocò’ Campolongo aveva tre anni quando la sua esistenza si è spenta in modo così barbara. Il piccolo aveva peraltro vissuto il dramma del carcere nel penitenziario di Castrovillari insieme alla madre. Nel corso di quella detenzione ha dovuto assistere con la genitrice all'udienza del processo antimafia che la vede imputata in qualità di appartenente a una presunta organizzazione mafiosa dedita al traffico di stupefacenti. Lo stesso nonno  di Cocò, Giuseppe, era stato condannato in quanto ritenuto a capo di un gruppo di spacciatori operanti nella Sibaritide.

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