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Ci dimenticheremo anche di Oscar e sua figlia, morti abbracciati a faccia in giù

La morte di Oscar Martinez Ramirez e della figlia di neanche due anni rappresentano tutta la disperazione di chi cerca solo un futuro migliore. Ed è disposto a tutto, anche a rischiare la propria vita e quella dei suoi cari, per raggiungerlo. Solo l’anno scorso, 283 migranti sono morti cercando di attraversare il confine settentrionale del Messico verso gli Stati Uniti. Persone della quali non sapremo mai il loro passato. A differenza di Oscar, a cui solo una foto ha ridato la dignità di essere umano.
A cura di Mirko Bellis
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I corpi senza vita di Oscar Martinez Ramirez e della figlia di neanche 2 anni, affogati mentre cercavano di attraversare il Rio Grande (Gettyimages)
I corpi senza vita di Oscar Martinez Ramirez e della figlia di neanche 2 anni, affogati mentre cercavano di attraversare il Rio Grande (Gettyimages)

I corpi riversi a pelo d’acqua, trasportati dalla corrente fino a dei canneti sulla riva del Rio Grande. Il braccio della piccola cinge ancora la spalla del padre, in un disperato ultimo addio. Accanto a loro, una lattina e una bottiglia di plastica. Rifiuti gettati nelle stesse acque che Oscar Martinez Ramirez e la figlia di neanche due anni stavano cercando di attraversare. Ramirez, di 25 anni, aveva lasciato il suo Paese natale, El Salvador, assieme alla moglie Tania e la figlioletta per raggiungere gli Stati Uniti d’America. Dietro di sé lasciavano la miseria di una vita impossibile. Davanti un loro un viaggio di migliaia di chilometri, concluso in tragedia. La morte li ha sorpresi in quell'ultimo specchio d’acqua che li separava dagli Usa.

La famiglia Ramirez stava attraversando domenica pomeriggio il fiume vicino alla località di Matamoros, nel nord-est del Messico. Di fronte a loro Brownsville, nel Texas. Oscar portava la bambina sulle sue spalle, proteggendola dentro la sua maglietta. Chissà cosa le avrà detto per rassicurala e farla sentire al sicuro mentre guadavano il Rio Grande. Il padre aveva appena portato sull'altra sponda la piccola quando è tornato indietro per aiutare la moglie. E’ stato in quel momento che la bimba è scivolata in acqua. Oscar si è subito gettato per salvarla ma entrambi sono stati spazzati via dalla corrente, annegando davanti agli occhi della madre. Il loro “sogno americano”, spezzato per sempre.

Solo il dramma della morte ha svelato quale fosse la vita di Oscar, prima di prendere con sé moglie e figlia e partire il 3 aprile scorso da San Martín, piccolo municipio della cintura di San Salvador. Oscar lavorava, ma quello che quello che guadagnava non era abbastanza per permettersi una casa tutta sua. E, come migliaia di altri salvadoregni, ha deciso di mettersi in cammino. Destinazione Stati Uniti. Un viaggio “facile”, gli avevano assicurato due amici.

In Messico, però, hanno trovato il loro primo ostacolo. Oscar e la sua famiglia erano esasperati dopo essere rimasti bloccati per due mesi dalle lunghe liste d’attesa imposte dalla Dogana e Polizia di Frontiera degli Stati Uniti (CBP). Requisiti sempre più stringenti, soprattutto dopo che il presidente messicano López Obrador ha ceduto alle minacce di ritorsioni economiche di Donald Trump nel caso non avesse adottato misure più severe per contenere il flusso migratorio. “I migranti pensano che se arrivano a nuoto negli Stati Uniti gli verrà riconosciuto l’asilo perché capiranno quanto sono disperati”, ha dichiarato la corrispondente dell’agenzia Efe alla frontiera messicana. Deve essere stata la stessa idea che è passata per la testa a Oscar prima di cercare di attraversare il Rio Grande.

Le immagini di Oscar e di sua figlia di due anni annegati hanno scatenato rabbia e indignazione verso le politiche di Usa e Messico, sempre più ostili nei confronti dei migranti. La loro morte ricorda quanto è successo al piccolo Aylan, il bimbo siriano affogato nel 2015 e ritrovato a faccia in giù su una spiaggia turca nel tentativo di arrivare in Europa. Aylan aveva scosso l’opinione pubblica occidentale sul dramma di chi scappa dalla guerra. Un moto di coscienza che, tuttavia, si è esaurito quasi subito e ha lasciato il passo al risentimento sempre più aspro verso chiunque sia costretto ad abbandonare il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore.

Ancora una volta, i cadaveri di Oscar e della figlia di neanche due anni rappresentano tutta la disperazione di chi cerca solo un futuro migliore. Ed è disposto a tutto, anche a rischiare la propria vita e quella dei suoi cari per raggiungerlo. “Un giorno riusciremo a costruire un Paese in cui queste cose non accadono. Un giorno avremo un Paese in cui la migrazione sia un’opzione e non un obbligo”, ha scritto su Twitter il presidente salvadoregno, Nayib Bukele.

Solo l'anno scorso, 283 migranti sono morti cercando di attraversare il confine settentrionale del Messico per raggiungere gli Stati Uniti. Persone della quali non sapremo mai il loro passato. A differenza di Oscar, a cui solo una foto ha ridato la dignità di essere umano.

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