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Caso Siri, Luigi Di Maio: “Spaccatura con Lega è evidente, noi sulla mafia non transigiamo”

Luigi Di Maio è tornato a parlare della polemica sul caso di Armando Siri, sottosegretario leghista indagato per corruzione: “La cosa più importante ora è rimuoverlo perché getta delle ombre su tutto il governo – ha commentato il capo politico del Movimento 5 Stelle – Con la Lega sensibilità differenti, noi sulla mafia non possiamo transigere”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Luigi Di Maio è tornato a parlare del caso che ha coinvolto Armando Siri, sottosegretario della Lega indagato per corruzione. Nei giorni scorsi lo stesso ministro del Lavoro aveva definito la questione come una "parentesi chiusa", dopo che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva chiesto ufficialmente le dimissioni dell'ideatore della flat tax. Di Maio, intervistato al Gr1, ha commentato: "La cosa più importante ora è rimuovere quel sottosegretario che getta delle ombre su tutto il governo. Per farlo spero non si debba arrivare in Consiglio dei ministri, lì noi abbiamo la maggioranza assoluta, ma spero che la Lega non sia così irresponsabile". Secondo il capo politico del Movimento 5 Stelle non c'è nessuna crisi di governo all'orizzonte, ma "la spaccatura sul caso Siri è già evidente – ha specificato Di Maio – sulla corruzione abbiamo delle sensibilità differenti". Avanti insieme sia ora che dopo le elezioni europee, ha sottolineato il vicepresidente del Consiglio: "Non abbiamo mai parlato né di rimpasti né di crisi di governo, per noi bisogna continuare per cambiare questo Paese, a meno che non sia la Lega a chiedere una crisi di governo dopo un’eventuale voto in consiglio dei ministri". Nessun cambio di strategia da parte del Movimento nei confronti della Lega, ha continuato Di Maio, "semplicemente il caso Siri è un tema che riguarda la corruzione e addirittura si parla di mafia, su questa roba noi non possiamo transigere".

"Il contratto di governo prevede di attuare ancora un sacco di norme importanti – ha continuato Di Maio – c’è il salario minimo orario, gli aiuti alle famiglie che fanno figli". Mentre per quanto riguarda la norma, proposta dalla Lega, che prevederebbe la castrazione chimica per gli stupratori, il vicepresidente del Consiglio ha sottolineato: "La loro norma prevede la castrazione chimica volontaria, cioè io che ho violentato una donna per farmi castrare chimicamente devo essere consenziente, così mi sembra un po’ una presa in giro – ha continuato Di Maio – il ministro Bonafede sta facendo una legge che dice che se violenti una donna vai in galera e buttiamo via la chiave senza attenuanti, questo mi sembra efficace".

Cosa succede se Armando Siri non si dimette

Non c'è ancora una data ufficiale, ma se il sottosegretario leghista, Armando Siri, dovesse confermare la sua intenzione di non dimettersi si andrebbe al voto in Consiglio dei ministri, con mercoledì 8 maggio che prende quota come giorno della verità. Il Movimento 5 Stelle ha i numeri per vincere agevolmente questa battaglia, sono 8 i ministri favorevoli alla revoca della carica a Siri, mentre sarebbero 6 quelli che voterebbero contro, con il ministro dell'Economia Giovanni Tria ed Enzo Moavero, ministro degli Esteri, che non hanno espresso un'opinione chiara e potrebbero pareggiare il conto. In quel caso deciderebbe comunque il presidente del Consiglio, che ha chiesto personalmente le dimissioni di Siri.

Se si dovesse procedere alla revoca della carica al sottosegretario leghista, il presidente Conte dovrebbe avviare l'iter opposto a quello della nomina, stabilita dalla legge 400 del 1988 sull'attività di governo. Dopo aver "sentito il Consiglio dei ministri", dice il testo, in accordo con il ministro competente, in questo caso Danilo Toninelli, il presidente del Consiglio propone le nomine al presidente della Repubblica. La dicitura non richiede espressamente un voto, facendo supporre che il parere espresso in Cdm non sia vincolante. Seguendo un percorso inverso servirà un decreto di revoca firmato da Sergio Mattarella, dopo che il presidente Conte avrà "sentito" il Consiglio dei ministri, per mettere la parola fine sulla questione.

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