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Bossetti, la difesa: “Yara non fu uccisa nel campo, ma altrove e da più persone”

I dubbi del criminologo Ezio Denti, che è entrato a far parte del pool difensivo di Massimo Giuseppe Bossetti.
A cura di Antonio Palma
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Yara Gambirasio non sarebbe stata uccisa nel campo di Chignolo d'Isola dove è stata trovata senza vita il 26 febbraio del 2011 ma altrove e da più persone. A sostenerlo è il criminologo investigativo Ezio Denti che è entrato a far parte del pool difensivo di Massimo Giuseppe Bossetti, l'uomo in carcere a Brescia con l'accusa di essere l'assassino della 13enne di Brembate di Sopra. Secondo Denti sono "molti e forti gli elementi di cui ancora non si è avuto riscontro" nelle indagini e su cui deve esser fatta luce. "Oltre al Dna, non ci sono evidenze tali da avvalorare la responsabilità" di Bossetti, spiega il criminologo ricordando che invece "sussistono numerosi elementi non ancora presi in seria considerazione". Per Denti l’omicidio di Yara non è avvenuto a Chignolo e per avvalorare la sua tesi ricorda la testimonianza del pilota di elicotteri Iro Rovatti, che sorvolò il campo varie volte nei giorni della scomparsa della ragazzina senza vedere il corpo. "La presenza di un corpo in quel luogo non sarebbe potuta passare inosservata, la sua attenzione non fu mai catturata da nulla che facesse pensare ad una persona, tra l’altro vestita di nero e pertanto ancor più individuabile anche in presenza di neve" sottolinea il criminologo.

Le tracce sul corpo di Yara

Le ferite sul corpo di Yara "appaiono inferte con una sconcertante efferatezza. Come si può pensare che tutto ciò sia avvenuto senza che gli indumenti si tagliassero e macchiassero di sangue? E se Yara fosse stata prima spogliata e poi rivestita, è possibile che tutto ciò sia avvenuto nel luogo del ritrovamento?" si chiede ancora Denti, svelando: "gli indumenti di Yara non riportavano alcun segno di incisione né tracce ematiche. Yara indossava le scarpe con le stringhe slacciate, come se fossero state tolte per poter sfilare i leggins e poi rimesse senza annodarle. Lo stesso vale anche per il reggiseno, dotato di gancetti e velcro, ma indossato non allacciato".

Bossetti non avrebbe potuto fare tutto da solo

Ribadendo l'innocenza dell'unico accusato, Denti si pone quindi alcuni quesiti. "Come avrebbe potuto Bossetti da solo rapirla, spogliarla, aggredirla, rivestirla, occultarne il corpo per poi andarlo a riprendere, trasportarlo e abbandonarlo in un luogo così accessibile e aperto?" si chiede il criminologo della difesa, aggiungendo: "Non ci sarebbe nemmeno la corrispondenza temporale". "Sul corpo di Yara sono state rinvenute tracce pilifere, dieci delle quali appartengono ad esseri umani. Due di queste sono attribuibili ad una sola persona, ma nessuna è riconducibile a Bossetti", ricorda ancora il criminologo, che chiede di fare luce anche su un guanto di Yara dove è stato trovato il Dna di un soggetto ad oggi ancora non identificato.

Altri coinvolti nell’omicidio di Yara

Sempre secondo Denti, quindi, se è vero, come dimostra la presenza del Dna, che Bossetti ha avuto un contatto con Yara, "è altrettanto probabile che qualcun altro sia coinvolto nell’omicidio e ancora resti nell’ombra, coperto dalla schiacciante evidenza di quella traccia genetica che resiste da mesi al centro della scena giudiziaria e mediatica". "È un incarico di grande responsabilità che rimetterei immediatamente se, dopo aver letto le carte, dovessimo accertare la non totale estraneità del Bossetti" assicura Denti, concludendo: "Però è necessaria per ciascuno un’equa difesa. Sento il dovere di far luce su ogni possibile aspetto di quest’indagine".

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