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Venezia affonda, e il Mose non c’è: 7 miliardi buttati per vedere San Marco allagata

Il sistema di paratie per proteggere Venezia dall’acqua alta è stato pensato negli anni 80, iniziato nel 2003 e avrebbe dovuto essere pronto tre anni fa. Nel mezzo, 7 miliardi di spesa, maxi inchieste per corruzione e ritardi a non finire. Eccolo qua, con la Basilica di San Marco allagata e due morti, il risultato della nostra inefficienza.
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Due morti, la basilica di San Marco allagata – per la quinta volta in tutta la sua storia, l’isola di Pellestrina sott’acqua, un incendio al Museo di Ca' Pesaro sempre per colpa di maltempo e piena, causato, pare, da un corto circuito alla cabina elettrica, il consiglio regionale sospeso per allagamento e la richiesta di stato di crisi del sindaco Brugnaro. Cronache di ordinaria acqua alta, a Venezia, con la piena record di 187 cm del 12 novembre, e quella di 160 cm del 13.

Cronache di ordinaria acqua alta se nel frattempo non fossimo da trent’anni in ballo con la telenovela del Mose, il magico sistema di paratie mobili che dovrebbe difendere l’ecosistema fragile di una delle più belle città del mondo da eventi di questo tipo. Un’opera costata, finora, più di 7 miliardi, ancora incompleta e inadeguata – è l’evidenza drammatica di queste ore a ricordarcelo – per fronteggiare le emergenze per le quali era stata progettata.

Riavvolgiamo il nastro. L‘opera è stata pensata negli anni '80 – ANNI OTTANTA – per difendere la laguna di Venezia da piene superiori ai 110 centimetri, come quella di oggi. Nel 2003 – sedici anni fa, quasi diciassette – sono iniziati i lavori per la sua realizzazione. Il 12 ottobre 2014 – undici anni dopo, cinque anni fa –  furono sollevate per la prima volta quattro delle 78 paratie. Nel 2016 – tre anni fa – l’opera avrebbe dovuto essere completata. In teoria, il Mose oggi dovrebbe essere pronto all’85%. In pratica, oggi siamo qui a raccontare una delle piene più devastanti degli ultimi decenni, con danni all’interno della basilica di San Marco, uno dei più importanti capolavori del nostro Paese, uno dei monumenti più visitati al mondo, che già qualcuno definisce ingentissimi.

In mezzo sono passati 7 miliardi di soldi pubblici, 35 arresti, 100 indagati eccellenti tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati contestati quali creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni, reati per i quali il presidente della regione Veneto Giancarlo Galan – sostenuto da Lega e Forza Italia – ha patteggiato una condanna per corruzione continuata da 2 anni e 10 mesi, mentre all’allora ministro dell’ambiente e delle infrastrutture Altero Matteoli, governo Berlusconi – Lega, Forza Italia e Alleanza Nazionale: ricordiamolo sempre – è toccata una condanna di quattro anni.

Nomi e cognomi, loro e non solo loro, che hanno enormi responsabilità del disastro attuale. E che dovrebbero farci riflettere su quali siano i mali endemici del nostro Paese e di quali siano i disastri che procurano. Lo vediamo con Ilva, l’abbiamo visto con Alitalia, lo vediamo oggi con Venezia e il disastro Mose: una quantità industriale di soldi pubblici, presi in prestito alle generazioni future, per salvataggi e grandi opere che non risolvono nulla e, nel peggiore dei casi, ingrassano le tasche e i conti in banca del politico o dell’affarista di turno, ma che lasciano irrisolti i problemi, o peggio ancora, li aggravano.

Oggi tocca a Venezia, in ginocchio per un acquazzone, domani chi lo sa. Ma noi, tranquilli,  continuiamo a prendercela con gli immigrati e con l’Europa, scordandoci le responsabilità politiche di chi urla nelle piazze. Salvezza assicurata, fidatevi.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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