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Uno dei sopravvissuti alla strage di Firenze: “Gianluca Casseri aveva la faccia buona”

Parlano i fratelli, gli amici, i conoscenti dei feriti e di Samb Modou e Diop Mor, i due senegalesi uccisi da Gianluca Casseri a Firenze. Ndiaye, il fratello di Diop, racconta di aver visto il killer negli occhi: “Arrivato a tre metri da noi, quell’uomo ha tirato fuori la pistola e ha cominciato a sparare”.
A cura di Susanna Picone
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Parlano i fratelli, gli amici, i conoscenti di Samb Modou e Diop Mor, i due senegalesi uccisi e dei feriti di Gianluca Casseri a Firenze. Ndiaye, il fratello di Diop, racconta di aver visto il killer negli occhi: "Arrivato a tre metri da noi, quell'uomo ha tirato fuori la pistola e ha cominciato a sparare".

“Aveva la faccia buona”: un commento, quello di Ndiaye Mor, fratello di Diop, uno dei due senegalesi uccisi da Gianluca Casseri nella sparatoria di Firenze, che fa riflettere ancora sul gesto del killer di Cireglio. Di Casseri si sta dicendo tanto, abbiamo visto le immagini delle sue ultime mosse prima di togliersi la vita, le indagini sono in corso e c’è anche chi sul web inneggia alla sua persona come ad un “eroe”.

Ndiaye, che era proprio lì, in piazza Dalmazia accanto al fratello, racconta e conferma la dichiarazione del Procuratore capo di Firenze (“Non c’è stata nessuna lite, nessuna provocazione da parte di Casseri prima di sparare contro i senegalesi. Li ha mirati e ha sparato”) e aggiunge appunto questo “particolare” della presunta bontà di un uomo che è stato capace di compiere un gesto così crudele.

Ho visto l’assassino negli occhi. Aveva la faccia buona, camminava tranquillo, sembrava un cliente. Invece ha cominciato a sparare. Mio fratello era accanto a me, l’ha colpito per primo.[…] in piazza Dalmazia c’ero anch’io, Diop era vicino a me, più in là Modou e Moustapha. Tutti e quattro in piedi, in fila accanto all’altro. La merce sui teli bianchi stesi per terra. Non l’ho ancora capito perché, ma mi ha saltato. Arrivato a tre metri da noi, quell’uomo ha tirato fuori la pistola e ha cominciato a sparare. Così: pum pum pum, da sinistra verso destra. Non mi ha puntato, forse perché ero un po’ distante. Non lo so. Quando mi sono rialzato mio fratello e Modou erano già morti.

Adesso per Ndiaye resta il rammarico per non aver potuto far niente per aiutare suo fratello e la disperazione perché è impossibile trovare delle spiegazioni per quel gesto. Perché Ndiaye ripete delle parole come hanno fatto anche altri in questi giorni: “Ma perché? Siamo qui da dieci anni, mai litigato con nessuno, siamo persone buone noi”.

Delle persone buone che altri altri vogliono ricordare: in un’altra testimonianza, quella dei cugini di Moustapha Dieng, 34 anni, uno dei feriti di Casseri, si legge la rabbia e l’incredulità per un gesto che resta senza spiegazioni. Moustapha è grave ma stabile, non sono riusciti a vederlo in ospedale. In Africa, raccontano, ha quattro fratelli che non vede da tre anni. Quello che si chiedono i cugini è come è possibile, adesso, fare una telefonata per informare la sua famiglia in Senegal di un fatto così grave. “Cosa gli diciamo, che adesso rischia di rimanere paralizzato per colpa di un pazzo razzista?”.

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