Uccisero il rivale per ordine del boss: due arresti per l’omicidio di Michele Ranieri
Dal carcere il boss ha dato l'ordine di uccidere e i due affiliati al clan hanno subito eseguito. Per l'assassinio del 39enne Michele Ranieri, avvenuto l'11 settembre 2019 nel quartiere San Pio di Bari, sono stati arrestati Andrea De Giglio, 38 anni, e Danilo Fusco, 36, il primo con l'accusa di omicidio, il secondo per false informazioni all'autorità giudiziaria.
I due sono stati trasferiti in carcere sulla base di un'ordinanza disposta dal giudice per le indagini preliminari del tribunale d Bari, avanzata dalla Direzione distrettuale antimafia, come si legge sul Quotidiano di Puglia. A entrambi infatti è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso. I due arresti sono arrivati al termine delle indagini dei carabinieri, coordinate dal pubblico ministero Marco D’Agostino.
La faida inerna al clan Strisciuglio
A commissionare il delitto era stato Saverio Faccilongo, con l'intento di mettere alla prova due affiliati del clan Strisciuglio, Giovanni Sgaramella e, appunto, Andrea De Giglio, ultimo arrivato all'interno dell'organizzazione. L'omicidio di Ranieri sarebbe infatti da ricondurre alla faida interna all'organizzazione mafiosa, scoppiata tra il gruppo di Carbonara, che faceva capo a Carlo Alberto Baresi e del quale faceva parte Ranieri (cognato di Vincenzo Strisciuglio, fratello dei boss Mimmo e Gino), e quello di Enziteto, che all’epoca si era avvicinato a quelli del San Paolo ed era capeggiato da Saverio Faccilongo, detto “ Benzina”.
De Giglio si faceva invece chiamare "il libanese” o “ l’immortal”, ispirandosi a Franco Giuseppucci della Banda della Magliana e al personaggio della serie tv ‘Gomorra', Ciro Di Marzio. Secondo gli inquirenti, dopo un periodo con il clan Telegrafo del San Paolo, sarebbe poi passato con Lorenzo Caldarola del quartiere Libertà e in ultimo con Faccilongo. Insieme ad altri tre uomini formava il cosiddetto "braccio armato di Enzieteto".
Faccilongo era già stato preso dieci giorni dopo il delitto e condannato a 14 anni, insieme con i due autori materiali, Giovanni Sgaramella e Saverio Carchedi, a 24 anni. Secondo quanto ricostruito durante l'indagine, il primo dal carcere avrebbe dato telefonicamente l’ordine "di dare uno spavento o di ammazzare qualcuno che appartenesse a Baresi", come ha rivelato da un'ex componente del clan dei Telegrafo, oggi pentito.
La notte dell'omicidio
I motivi sarebbero stati diversi, dai debiti per delle forniture di droga a un’intimidazione che il gruppo di San Pio aveva fatto nei confronti di una paninoteca ambulante "picchiando tutti quelli che stavano là, donne, uomini, bambini", sempre secondo quanto raccontato dal collaboratore di giustizia. Dagli atti emerge che Ranieri sarebbe morto "mentre era alla ricerca di soluzioni pacifiche alle crepe esistenti tra le due articolazioni".
La sera dell'omicidio si sarebbe recato nel quartiere San Pio in macchina con Daniele Fusco, considerato "particolarmente vicino alla sfera di influenza della vittima". Quella sera Ranieri era stato crivellato di colpi in strada e Fusco sarebbe scappato a piedi dopo aver assistito all'agguato, ma avrebbe poi reso "dichiarazioni false, tacendo in tutto o in parte ciò che sapeva intorno ai fatti sui quali veniva sentito".
Sul fatto che la vittima fosse stata attirata in una trappola i pentiti non hanno avuto dubbi, così come erano attese ritorsioni. "Baresi non si arrenderà nemmeno se prende la testa di Faccilongo, si arrenderà solo quando prende la testa di De Giglio", avrebbe detto un ex dei Telegrafo. Fusco avrebbe mentito proprio per questo, perché "aveva paura" di diventare anche lui vittima della pericolosa faida.