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Uccise il vicino per il diritto di passaggio sulla strada che portava ai campi: condannato a 22 anni

Confermata la condanna a 22 anni di reclusione per il 72enne che nel 2019 raggiunse in auto un agricoltore suo coetaneo e rivale per ucciderlo a colpi di arma da fuoco. Non è stata riconosciuta l’aggravante della premeditazione così come richiesto dalla Procura di Agrigento. L’uomo dichiarò di aver agito per legittima difesa.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Immagine di repertorio
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È stato condannato a 22 anni di reclusione per omicidio volontario commesso per futili motivi. La Cassazione ha confermato il verdetto dei primi due gradi di giudizio nei confronti di Carmelo Rubino, agricoltore pensionato di 72 anni, reo confesso del delitto del coetaneo Vincenzo Sciascia Cannizzaro. L'uomo avrebbe colpito l'altro agricoltore con due colpi di pistola al volto al culmine di una serie di litigi dovuti al diritto di passaggio su una strada che attraversava i loro terreni.

L'imputato, attraverso i legali, aveva sostenuto la legittima difesa poiché era stavo "gravemente minacciato e provocato". La Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa e reso definitiva la sentenza che sarà quindi eseguita con ordine di carcerazione dopo il periodo trascorso ai domiciliari. Il delitto era avvenuto il 27 settembre del 2019 nel terreno della vittima in contrada Calici, a Canicattì.

L'anziano durante l'interrogatorio aveva ammesso di aver sparato al volto di Sciascia Cannizzaro, precisando di essere sconvolto e di non ricordare i dettagli dell'accaduto. La Procura, invece, contestava l'aggravante della premeditazione. Secondo il pm, l'imputato andò deliberatamente in auto nell'abitazione di campagna della vittima mentre erano iniziati i lavori della vendemmia per ucciderla e poi allontanarsi.

Questa tesi aveva portato alla richiesta di condanna all’ergastolo, recepita solo in parte dalla Corte di assise di Agrigento. La premeditazione, infatti, fu esclusa in un secondo momento. La procura di Agrigento aveva pure impugnato il verdetto chiedendo alla Corte di assise di appello di aumentare la pena, riconoscendo la pianificazione del delitto. La sentenza di primo e secondo grado però è stata confermata senza la specifica aggravante, così come era stata emessa nei primi gradi di giudizio.

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