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Uccisa dall’ex a Foggia, lui pubblicava manifesti funebri della vittima: “Tutti sapevamo che era in pericolo”

Hayat Fatimi, che a Foggia tutti chiamavano “Anna”, è stata uccisa vicino casa sua a Foggia la notte tra il 6 e il 7 agosto. A Roma, ore dopo il delitto, è stato fermato l’ex che lei aveva già denunciato. Il datore di lavoro della vittima: “Tutti noi sapevamo che quell’uomo avrebbe potuto farle del male. Una volta su Facebook pubblicò una foto della nostra Anna come se fosse un manifesto funebre. Questi non sono forse chiari segnali di pericolo?”
A cura di Susanna Picone
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Si chiamava Hayat Fatimi, ma a Foggia era per tutti “Anna” la donna uccisa a coltellate nella notte tra il 6 e il 7 agosto vicino alla sua abitazione. Fermato per il delitto dopo ore in fuga Tariq El Mefedel, 46enne connazionale della vittima e suo ex compagno. Un uomo che Hayat Fatimi aveva già denunciato in passato. Con regolare permesso di soggiorno sul territorio nazionale ma senza fissa dimora, il presunto autore del femminicidio è stato individuato a Roma e catturato dopo un inseguimento dei carabinieri. Indossava ancora degli abiti sporchi di sangue.

Chi conosceva Hayat Fatimi la descrive come una persona generosa e di gran cuore. Di origine marocchina, da anni viveva in Italia – a Foggia aveva anche comprato casa – e lavorava come cuoca in un ristorante. Il rapporto con quell’ex che aveva denunciato lo aveva interrotto praticamente subito, dato che lui era violento nei suoi confronti. Ma anche dopo averlo lasciato lui aveva iniziato a minacciarla e pedinarla tanto che lei aveva deciso di rivolgersi a un centro antiviolenza. Aveva chiesto aiuto, ma questo non è servito a salvarle la vita. "La signora si era rivolta a noi, stava facendo un percorso e noi abbiamo fatto tutte le segnalazioni del caso, tutto quello che potevamo fare. Altre cose purtroppo non dipendono dai centri antiviolenza ma dalla magistratura. Noi non possiamo fare il loro lavoro", ha detto a Fanpage.it subito dopo il femminicidio di Foggia Francesca Vecera, coordinatrice del CAV a cui si era rivolta la vittima.

E di queste continue minacce che subiva le persone a lei vicine ne erano a conoscenza. “Tutti sapevano che Hayat era in pericolo di vita. Si poteva e si doveva fare di più per salvarla”, le parole di Gianfranco Abazia, titolare del ristorante di Foggia dove da circa un anno e mezzo la vittima lavorava. “Anna era spaventata da quell’uomo. Lei più volte gli aveva detto che tra loro era finita ma lui non ne voleva sapere”, ha detto l’uomo al Corriere della Sera, aggiungendo che spesso lui stesso accompagnava la donna a casa per non farla tornare da sola.

“Tutti noi sapevamo che lei era in pericolo e che quell’uomo avrebbe potuto farle del male. Una volta su Facebook l’ex compagno pubblicò una foto della nostra Anna come se fosse un manifesto funebre. Questi non sono forse chiari segnali di pericolo?”. Secondo il titolare del ristorante, alcune sere la 46enne chiamava le forze dell’ordine che mandavano una pattuglia per scortarla fino a casa. E a suo dire si intuiva che anche dalla questura erano preoccupati per lei: “Allora perché non è stato fatto tutto il possibile per bloccare quell’uomo? Ogni sera stava davanti alla sua abitazione, lo conoscevano anche i vicini di casa. Perché non è stato bloccato prima, invece di aspettare e arrestarlo a Roma quando tutto era ormai finito?”.

Il delitto è avvenuto a pochi passi da casa della vittima che anche quella sera, accortasi della presenza dell'uomo, aveva telefonato alla polizia, ma quando gli agenti sono arrivati per lei non c’era già più nulla da fare. Il presunto assassino, a quanto ricostruito, era destinatario di un divieto di avvicinamento alla donna con braccialetto elettronico, che però non gli era stato applicato per motivi tecnici. E a luglio era stato emesso a suo carico anche un provvedimento di arresto in carcere, non eseguito perché era senza fissa dimora.

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