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Torino, ufficiale di Polizia: “Arrivano i No Tav, dobbiamo rompergli il c…”

Un cronista dell’Huffington Post si trovava stamani a Torino, in mezzo ai blindati della Polizia, e ora testimonia di come un ufficiale arringava i suoi uomini.
A cura di Davide Falcioni
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A riot police wears an anti-gas mask dur

Farà discutere la testimonianza raccolta da un cronista dell‘Huffington Post Italia, Andrea Doi, che stamattina si trovava a Torino intorno alle 10, in una città presidiata dai blindati della polizia in vista del corteo degli studenti contro le politiche di rigore e i tagli alla scuola pubblica operati dal governo Monti. Racconta il giornalista:

Sono lì che aspetto, mischiato alle uniformi blu dei reparti mobili, tutti in assetto antisommossa. Che ci sia tensione lo si capisce non tanto dal corteo che si sta avvicinando lentamente, ma dal nervosismo che serpeggia tra i poliziotti. Eccoli schierati, visiera del casco abbassata, scudo già alto, in posizione di difesa.

Poi un sottoufficiale viene chiamato da un graduato. Parlottano quasi all'orecchio. Alla fine del dialogo sommesso il sottoufficiale si avvicina alla truppa, fa alzare le visiere a tutti quanti e con fare molto simile al sergente maggiore Hartman di Full Metal Jacket urla: "Fate attenzione, mi raccomando, stanno arrivando quelli della Val di Susa. Oggi dobbiamo rompergli il c…!". Dopodiché si volta, guarda l'ufficiale quasi volesse un cenno di assenso, riguarda i suoi uomini uno a uno, scorre con il dito i loro volti e poi continua: "Avete capito? Sono quelli della Valsusa, oggi la pagano per tutto".
Fine del dialogo.

Per la cronaca. Una decina di minuti dopo – sempre stando al racconto del cronista – il corteo è passato. C'è solo una bandiera No Tav e i circa mille ragazzi hanno sfilato pacificamente: niente "anarco-insurrezionalisti", niente black bloc. Alla fine nessuno ha rotto il c… a nessuno, ma viene da domandarsi con che approccio svolgano il loro mestiere alcuni uomini delle forze dell'ordine chiamati a presidiare alle manifestazioni. Dovrebbero limitarsi a contenere e, eventualmente, identificare i violenti, invece talvolta sembrano legionari pronti alla guerra. Addirittura, anzi, alla vendetta, visto che vorrebbero "fargliela pagare". Sarà interessante capire se il prossimo governo vorrà apportare i numeri identificativi sui caschi degli uomini in servizio. E intanto questo episodio la dice lunga sull'aria che si respira in Val di Susa, dove la legittima discussione sull'utilità di un'opera è diventata solo una questione di ordine pubblico.

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