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Terremoto in Irpinia del 1980: dopo 30 anni lo stesso invito

La Giunta regionale della Campania, riunatasi quest’oggi per l’anniversario del sisma dell’Ottanta, ha deciso di accelerare i tempi della ricostruzione. Di seguito l’immagine della prima pagina de Il Mattino 30 anni fa.
A cura di Danilo Massa
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Questo l'invito inatteso de Il Mattino in riferimento al terremoto in Irpinia

Era domenica sera nell'ora in cui, ieri come oggi, ci si raccoglieva intorno alla televisione in attesa della sintesi della partita di calcio Napoli-Bologna (1-1). La normalità di una domenica che viene interrotta drammaticamente alle 19.34, quando una scossa di terremoto con epicentro tra Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania cambia la storia, la geografia e la vita di centinaia di migliaia di persone. Sono 6.9 gradi di magnitudo e – soprattutto – sono secondi lunghissimi. 90, per la precisione; un minuto e mezzo durante il quale in rapida progressione si vede il palazzo di fronte oscillare, le stoviglie cadere, i calcinacci franare ed un susseguirsi di rumori che sono qualcosa più di un cattivo presagio.

Il bilancio del dramma fu di 2.914 morti, 8.848 feriti e 280.000 sfollati. Il maggior numero di vittime fu in Irpinia, ma palazzi fatiscenti collassarono anche a Napoli e in provincia di Potenza. A via Stadera crollo un palazzo causando la morte di 52 persone. A Balvano, invece, crollò una la chiesa di S. Maria Assunta, uccidendo sotto le proprie macerie 77 persone, di cui 66 bambini. Quattro giorni dopo, rileva il Presidente della Repubblica Pertini, "ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi". Laconica constatazione: "Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci".

Le conseguenze del sisma mossero ad una partecipazione emotiva che chiamò direttamente quella economica e strategica di numerosi stati, dall'Arabia Saudita e dall'Iraq agli Stati Uniti e ai diversi paesi europei. Ma questi aiuti, come ormai noto, vennero dissipati tra inefficienze e clientelismi, lasciando che gli sfollati mantenessero uno status pressoché permanente di "terremotati". Lo stato investì circa 7.762 miliardi di lire, ma la ricostruzione venne appunto caratterizzata da uno spreco delle risorse: le aziende nascevano sulla spinta di quei finanziamenti e dopo non molto tempo dichiaravano il fallimento, mentre vennero costituite 26 banche cooperative che, in assenza di imprese nella zona, facevano credito alle imprese del Nord.

Nel 1987 le inchieste de L'Unità e de L'Espresso evidenziarono che la crescita della Banca popolare di Irpinia era dovuta in buona parte dai finanziamenti statali per il terremoto. Tra i soci più importanti della banca figura anche Ciriaco De Mita, coinvolto poi nell'inchiesta Le mani sul terremoto, a conclusione della quale la maggior parte dei capi d'accusa cade in prescrizione.

Oggi Giuseppe De Mita, vicepresidente della giunta regionale, ed altri rappresentanti politici sono intervenuti nella seduta commemorativa delle vittime del terremoto del 23 novembre 1980. Al termine della stessa si è stabilito di accelerare i tempi della ricostruzione per "consentire ai Comuni l'utilizzo delle giacenze finanziarie anche oltre il limite delle assegnazioni di competenza, attingendo alla cassa unica", precisandosi inoltre la necessitò di restringere il "numero dei Comuni terremotati all'area che ha effettivamente subito il danno".

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