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“Staccate la spina e fateci morire”, la richiesta di due gemelli distrofici

Più che un appello, il loro è un disperato grido di dolore. I due ragazzi, di Lizzanello, nel Salento, sono affetti dalla distrofia di Duchenne. Costretti a vivere in un letto, attaccati ai respiratori. Sono da anni in attesa del contributo pubblico senza il quale non hanno alcuna possibilità di accedere a cure nuove o sperimentali.
A cura di Biagio Chiariello
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"Staccate la spina e fateci morire". Due ragazzi, affetti da una malattia rara che li tiene inchiodati a un letto, chiedono di farla finita. Si chiamano Marco e Sergio Quarta, sono fratelli gemelli di 34 anni e dall'età di 10 vivono attaccati ai respiratori nella loro casa di Lizzanello, nel Salento. E la richiesta arriva anche dai loro genitori che hanno inviato una lettera direttamente al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nonché ai presidenti di Camera e Senato e ai ministri della Sanità e della Giustizia. In particolare chiedono che i loro figli possano godere del cosiddetto assegno personalizzato, un contributo erogato dalla Regione Puglia attraverso graduatoria stilata dall’ambito territoriale di zona. Una somma pari a 300.000 euro, erogata in due tranche, nel 2004 (96.000 euro) e nel 2006 (200.000 euro), al Comune di Lizzanello di cui, però, la famiglia Quarta non ha traccia.

Antonio, il padre di Marco e Sergio, ha presentato denuncia alla Guardia di finanza e alla magistratura "ma il fascicolo – dice – è fermo sul tavolo del pm a prendere polvere". Da parte loro, i due gemelli, a dispetto dell'handicap che li costringe a letto, sono attivissimi sulla Rete: chiedono di provare nuove terapie e di essere sottoposti a cure sperimentali, anche con le cellule staminali. Ma sopratutto che il loro caso riesca a salire agli onori della cronache, magari in tv. E che a interessarsi di loro siano, appunto, le istituzioni. "I miei figli – scrive ancora il padre nella lettera inviata a a Napolitano – hanno chiesto di essere staccati dai respiratori e siamo riusciti a far cambiare loro idea. Diverse volte ho pensato di farmi giustizia da solo. Ma poi ho pensato a Marco e a Sergio e ho lasciato stare. Mi rivolgo a tutti voi implorandovi in ginocchio di ascoltarmi e di darmi giustizia".

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