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Spinea, Lilia col braccio quasi staccato dalle coltellate del compagno: “L’ho colpita troppe volte”

“L’ho colpita tante, troppe volte” ha detto il 35enne reo confesso dell’omicidio della compagna Lilia Patranjel. I legali puntano sulla non premeditazione del delitto.
A cura di Antonio Palma
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Alexandru Ianosi Andreeva Dimitrova, l’assassino reo confesso dellomicidio della compagna Lilia Patranjel a Spinea, ha colpito così tante volte la donna con un grosso coltello da cucina da staccarle quasi un braccio.

Una furia omicida spaventosa ammessa dallo stesso autore dell’efferato gesto e che non ha lasciato scampo alla donna nella serata di giovedì scorso. “L’ho colpita tante, troppe volte” ha detto il 35enne.

A rivelarlo sono i suoi legali che lo hanno potuto vedere in carcere dopo l’arresto. “Ha un black out, non ricorda bene quei momenti ma ha detto di averla colpita molte volte” hanno spiegato a La nuova Venezia.

Stando alla difesa dell’uomo, la scena del crimine, con tutto quel sangue, avrebbe provocato uno shock nello stesso autore del delitto che sarebbe svenuto prima di svegliarsi e chiamare il 112 e non avrebbe vegliato il cadavere, come invece si era ipotizzato in un primo momento.

I legali dell’omicida puntano sulla non premeditazione del delitto che sarebbe avvenuto al culmine di uno dei tanti litigi della coppia. “Riteniamo che proprio questo infierire con un coltello preso dalla cucina dimostri come questa tragedia non sia frutto di un piano criminale preordinato, ma di una follia, una furia maturata all’improvviso” hanno spiegato al quotidiano locale, annunciando la richiesta anche di una perizia psichiatrica.

Una ricostruzione ben diversa da quella dei parenti e amici della vittima che parlano di violenze continue e costanti in quella abitazione di Spinea che avevano spinto la vittima del femminicidio ad annunciare la volontà di separarsi dal compagno.

"Lo sapevano tutti che quell'uomo era un violento, sapevano tutti che sarebbe finita così" ha rivelato un’amica di Lili, così come tutti chiamavano Lilia. La quarantenne aveva anche sporto denuncia ad agosto scorso dopo l’ennesima aggressione che l'aveva mandata all'ospedale. Una querela che poi però aveva ritirato.

Il 35enne, rinchiuso nel carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia con l’accusa di omicidio volontario aggravato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. “Contavamo che potesse rispondere alle domande del giudice, ma non era abbastanza lucido e in forze per poterlo fare” hanno detto gli avvocati.

Si attende ora l’autopsia sul corpo martoriato della donna, in programma per lunedì

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