Siracusa, brucia da giorni deposito di rifiuti speciali: “Siamo chiusi in casa, rischio ambientale enorme”

All’altezza di Augusta, tra le ciminiere del polo industriale più grande d'Europa, un denso fumo nero spacca il cielo. Da sabato scorso brucia ancora il deposito di rifiuti speciali dell’azienda Ecomac, già protagonista di un disastro ambientale causato da un incendio simile nel 2022.
“Da cittadina mi sento allo sbando, non ho un canale ufficiale di informazione, non ci sono comunicazioni fatte in maniera automatica sui telefoni, la principale fonte di informazione sono un canale Telegram e una pagina Facebook”, spiega Agata Garsia, biologa del suolo, originaria di Augusta e adesso residente a Siracusa. “Lunedì ad Augusta hanno evacuato il mercato, hanno detto di stare a casa con le finestre chiuse, hanno dato alcune indicazioni ma non complete, nessuna misura di sicurezza o interruzione dei lavori per operai che lavorano fuori nei capannoni o nei cantieri”, continua. “Il problema è che noi in questo momento ci stiamo basando tantissimo sulla misurazione di componenti tossici che stanno in atmosfera; io sono una biologa del suolo quindi penso alla contaminazione di suolo e acqua e quindi anche della catena alimentare. La contaminazione meno visibile ma che resterà per più tempo nella nostra tavola. Vanno fatti gli accertamenti del caso in questi giorni, ma anche in futuro per vedere come vengono degradati gli inquinanti nelle varie componenti ambientali. Il rischio ambientale davanti ad una situazione di questo genere è enorme”.
In particolare gli inquinanti in questione rilasciati dalla combustione di plastiche sono diossine, benzene, microplastiche e idrocarburi policiclici aromatici, altamente tossici e responsabili di varie malattie, dal cancro alle malformazioni neonatali. Le diossine, in particolare, persistono per decenni in ambiente e si accumulano negli organismi.

“Il dato essenziale che manca è quali indagini faremo? Su quali matrici ambientali? Nell’aria trovi di tutto ma dopo un po’ lì non ci sarà più niente e il veleno lo cominci a mangiare, lo ritrovi nei suoli e nell’acqua. Quelli sono gli elementi che vanno indagati dalle autorità pubbliche: dovrebbe farlo l’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Sicilia) che ha un piano di interventi e monitoraggio nel caso di eventi di questo genere”, spiega al telefono con Fanpage.it Enzo Parisi di Legambiente Augusta. “Nel 2022 ci fu un evento simile che riguardava sempre la stessa azienda. Un incendio che portò alla combustione di tutti i materiali in deposito tra cui carta e plastica. Durò diversi giorni ed ebbe delle ricadute sul territorio molto gravi. In quel caso furono messi dei campionatori sul tetto del comune di Priolo e della protezione civile di Melilli, il livello di diossine rilevato allora fu oltre 450, superiore ai livelli massimi sia per aree urbane, il cui limite massimo è 100, che per le aree industriali, il cui limite è 300”.
“Allora – continua – gli avvisi alla popolazione furono nulli, adesso il primo avviso è stato emesso dopo circa quattro ore dall’inizio dell’incendio a Melilli, con ordinanza del Comune, a Priolo dopo quasi dieci ore, mentre Augusta dicevano non fosse stata toccata dall’incendio, nonostante l’impianto si trovi proprio ad Augusta. Solo dopo poco meno di 48 ore dall’inizio dell’incendio, ieri mattina, il sindaco di Augusta ha emanato un'ordinanza d'emergenza e ha chiuso il cimitero, la biblioteca, le scuole, dicendo che era cambiata la direzione del vento”.
Nel 2022 era stato approvato un “Piano di emergenza” per situazioni del genere, che è arrivato solo a gennaio 2025. Ma, a quanto pare, anche questa volta non è stato attivato. Ecomat prevede che Arpa faccia i rilievi e che il Prefetto diriga l’informazione verso la popolazione, ma come lamenta Alberto Limoli, residente a Melilli e responsabile dell’educazione ambientale di Italia Nostra: “C'è un’inversione della realtà, siamo noi che dobbiamo informare le autorità se sentiamo puzze strane nell’aria, mentre dovrebbe essere il contrario. Ci stiamo facendo trascinare in una realtà completamente capovolta. Io da cittadino non so niente, non so come devo comportarmi. Non si danno ordini su Facebook o su canali Telegram”.
Intanto le persone restano a casa, con temperature che sfiorano i 35 gradi e l’impossibilità di accendere l’aria condizionata.
“Noi siamo chiusi a casa, senza aria condizionata, per prudenza non usciamo, c’è poco traffico, poca gente in giro, usiamo le mascherine ma la mascherina non ferma la diossina”, conclude Parisi.
“Per strada continua a non esserci nessuno e una fortissima puzza di bruciato”, racconta Jessica Di Venuta, presidente di Italia Nostra, da Augusta, “ci sono anche altri incendi nelle vicinanze, quindi non capiamo se la puzza venga dal polo industriale o meno”.
“Il problema però – conclude – non è che noi siamo costretti a stare barricati in casa ma che è successo di nuovo, per la seconda volta, questo disastro ambientale”.