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Sicilia, brucia il bosco di Santo Pietro, in fumo il rifugio di Ramarro: “Un atto doloso”

È sicuramente di natura doloso l’incendio che ha divorato centinaia di ettari del bosco di Santo Pietro, in Sicilia, nel catanese, che ha distrutto il rifugio dall’associazione di Ecologia e cultura di pace, il Ramarro, che ha ridotto in cenere l’impegno profuso da diversi anni:”E’ stato un momento di grande sofferenza perché abbiamo visto bruciare trent’anni di lavoro”.
A cura di Francesco Bunetto
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Impressionanti colonne di fumo nero hanno interessato il bosco di Santo Pietro, a Caltagirone, nel catanese, dove le fiamme hanno interessato anche i territori ai confini con Mazzarrone e Granieri. Immagini che lasciano senza parole per i numerosissimi danni ecologici e ambientali e per i grandi lavori di tutela, di promozione e di protezione che da diversi anni l'associazione il "Ramarro", mette in atto. Il loro rifugio è andato completamente distrutto e divorato dalle fiamme e soprattutto gli oltre 7000 alberi che erano stati piantati. "È stato un momento di grande sofferenza perché abbiamo visto bruciare trent'anni di lavoro”.

Sono intervenuti due canadair e due elicotteri, oltre che l'autobotte della forestale per cercare di domare il vasto incendio che ha interessato il bosco di Santo Pietro nella giornata del 3 luglio scorso, divorando centinaia di ettari di macchia mediterranea. "Nel giro di pochi minuti è successo l'inferno – ha detto a fanpage.it Alessandro Alto, dell'associazione il Ramarro – abbiamo avuto una devastazione senza precedenti. È stato un momento di grande sofferenza perché abbiamo visto dileguarsi trent'anni di lavoro. Chi più, chi meno – continua – abbiamo avuto tutti i nostri malori, qualcuno ha pianto, qualcuno ha avuto una botta di gastrite nervosa quando siamo arrivati. Sono andate in fumo centinaia, se non migliaia, di piantine che avevamo messo a dimora di cui almeno la metà se non il 70% sono andate in fumo, più piante di alto fusto e ci sono state diverse querce attaccate e altre essenze della macchia mediterranea, purtroppo hanno visto le fiamme".

Un gesto vile. “Diamo fastidio”

Probabilmente doloso, la casualità dell'incendio dell'autocombustione sembrerebbe una mera leggenda metropolitana.  Le indagini sono ancora in corso e seppure con le difficoltà del caso, perché quando succede qualcosa, spesso non c'è mai il testimone o nessuno ha visto mai niente. "La mafia dei boschi esiste – ha detto il presidente de "Il Ramarro Sicilia", Renato Carella – gli eventi lo dimostrano e fanno probabilmente parte di un più vasto disegno criminale al quale noi in quanto associazione non vogliamo cedere o rassegnarci chinando il capo o girandoci dall’altra parte come troppo spesso fanno la classe politica e gli uomini che da queste parti “contano” pur essendo anch’essi figli di questa terra così bella e cosi disgraziata.”

"Non ci arrendiamo, andiamo avanti"

Quando la stagione è appena iniziata e si combatte tale fenomeno talvolta a mani nude. "Non cambierà nulla se non ci sarà una forte sensibilizzazione nei confronti della popolazione – aggiunge Alessandro Alto – perché ognuno di noi può essere un guardiano dei propri boschi. È impensabile che ci sia un agente di polizia, un carabiniere un agente della forestale che faccia la guardia ad ogni albero e quindi – conclude Aleo – facciamo appello anche al senso civico di chi fruisce della bellezza del bosco. La nostra fortuna è essere un gruppo compatto che dopo i primi momenti di scoramento ci siamo riuniti, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti:"Cosa dobbiamo fare?" Un leitmotiv della riunione, come direttivo e soci del Ramarro, è stata quella:"Andiamo avanti" perché non la possiamo dare vinta a chi che sia, a piromani o a chi ha altri interessi e noi continueremo a esserci nel tempo, con le nostre iniziative, con le nostre manifestazioni e con il lavoro quotidiano".

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