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Sicilia, 8 arresti per mafia: i boss avevano lanciato una lista elettorale per controllare un comune

Otto persone sono state arrestate questa mattina in provincia di Palermo con le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.
A cura di Davide Falcioni
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Dalle minacce alle estorsioni, dai progetti omicidiari alle liste elettorali costruite ad hoc, passando per summit di mafia e "cavalli di ritorno". C'è tutto questo nell'operazione antimafia condotta stamattina all'alba dai carabinieri del comando provinciale di Palermo che hanno tratto in arresto otto persone, sei delle quali sono finite in carcere e due ai domiciliari. I militari dell'Arma hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emessa dall’ufficio Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della procura distrettuale Antimafia del capoluogo siciliano. Gli indagati, considerati vicini al mandamento mafioso di Misilmeri e Belmonte, sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.

L'inchiesta, condotta da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, "costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra investigativa condotta dal nucleo investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno che ha consentito di comprovare la perdurante operatività di quell’articolazione di Cosa Nostra". Alcuni degli elementi indiziari emersi nel corso delle indagini erano già confluiti nel provvedimento di fermo d’indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo ed eseguito il 4 dicembre 2018 – operazione ‘Cupola 2.0' – con la quale era stata smantellata la nuova commissione provinciale di Cosa Nostra palermitana, che si era riunita per la prima volta il 29 maggio 2018.

In quell'occasione erano state arrestate 19 persone ritenute appartenenti al mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno, tra cui Filippo Salvatore Bisconti e Salvatore Sciarabba, co-reggenti del mandamento mafioso, Vincenzo Sucato, reggente della famiglia mafiosa di Misilmeri (nel frattempo morto di covid), e Stefano Polizzi, reggente della famiglia mafiosa di Bolognetta. Spiegano gli inquirenti che la complessa attività investigativa "rivelava uno spaccato della realtà mafiosa dell’area sud-est della provincia palermitana caratterizzata dalla presenza di due figure contestualmente a capo del mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno: Sciarabba, storico uomo d’onore misilmerese, scarcerato nel 2014 e limitato nei movimenti dalla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Palermo cui era sottoposto", spiegano gli inquirenti. E Bisconti, divenuto poi collaboratore di giustizia, dopo essere stato anch’egli arrestato nel corso dell’operazione ‘Cupola 2.0'.

Accanto a loro, demandati alla gestione delle varie famiglie mafiose, "emergevano Vincenzo Sucato e Stefano Polizzi, oltre a diversi uomini d’onore tra cui Stefano Casella e Giovanni Salvatore Migliore, affiliati alla famiglia di Belmonte Mezzagno – spiegano ancora gli inquirenti  – e Domenico Nocilla, affiliato alla famiglia di Misilmeri. Quest’ultimo veniva coadiuvato anche dal figlio Claudio per organizzare i movimenti di Salvatore Sciarabba per raggiungere luoghi sicuri dove incontrarsi con i consociati per discutere delle dinamiche intranee al sodalizio mafioso". Grazie allo stretto controllo degli affiliati, a maggio del 2017 sono state documentate le fasi precedenti, concomitanti e successive a due importanti summit, presieduti da Salvatore Sciarabba all’interno dell’abitazione di Carlo Noto, imbianchino, incensurato, anche lui colpito dal provvedimento ma non è stato possibile eseguirlo perché si è trasferito nel 2018, negli Stati Uniti d’America. La seconda riunione,  avvenuta il 27 maggio 2017, è stato interamente monitorata.

Sciarabba, dopo aver cercato di dirimere alcuni dissidi sorti tra gli uomini d’onore, "iniziava ad analizzare le diverse vicende prospettategli ed emanava le proprie direttive in merito: alle modalità con cui avrebbero potuto reperire un macchinario edile: il commerciante sarebbe stato convinto da uno degli uomini d’onore a ricevere in cambio un assegno post datato; alla necessità di ostacolare un imprenditore che stava eseguendo dei lavori di edilizia e stava fornendo il proprio cemento nel territorio di Bolognetta senza essere in possesso delle necessarie autorizzazioni mafiose". Spiegano gli investigatori che "Stefano Polizzi, vertice della famiglia mafiosa di Bolognetta, avrebbe dovuto impedire fisicamente ai camion di quell’imprenditore di entrare sia nel territorio di propria competenza che in quello del Comune di Marineo facendo in modo che, da quel momento in avanti, le imprese edili avrebbero dovuto optare per altre aziende per la fornitura del cemento". E poi ancora l’esenzione dal pagamento del pizzo di un fornaio che aveva recentemente subìto un grave lutto familiare o l’autorizzazione richiesta da Domenico Nocilla, uomo d’onore legato a Sciarabba, a rilevare un esercizio commerciale dove far lavorare i propri figli.

Oppure, ancora, l’opportunità di infiltrarsi all’interno dell’amministrazione comunale misilmerese. In particolare, "Nocilla proponeva al reggente del mandamento di supportare, con largo anticipo, una persona di loro fiducia da porre a capo di una lista civica, slegata dalle logiche di partito, costituita da persone appositamente selezionate, capace di indirizzare le scelte dell’amministrazione in favore della consorteria. La proposta incontrava l’accoglimento di Sciarabba che, però, invitava il proprio interlocutore a riparlarne più avanti, visto che mancavano ancora tre anni alle elezioni comunali del 2020".

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