Rinviati i funerali di Maria Rita, la famiglia chiede autopsia: “Qualcuno l’ha drogata”

L’ultimo saluto a Maria Rita Lo Giudice, la ragazza di venticinque anni che domenica scorsa si è lanciata dal quinto piano della sua abitazione di Reggio Calabria, inizialmente era stato programmato per il 5 aprile ma in seguito alla richiesta dei suoi familiari di effettuare un’autopsia sul cadavere i funerali sono stati rinviati a data da definire. Chi vorrà salutare Maria Rita dovrà insomma aspettare che le indagini in corso dei carabinieri siano completate. Dalle testimonianze di alcune delle persone più vicine alla ragazza sembrerebbe che il gesto estremo sia stato scatenato da quel cognome pesante da sopportare: il padre e gli zii della ragazza sono in carcere per mafia, membri di uno dei clan calabresi più potenti. Ma la famiglia di Maria Rita sembra non accettare questa tesi e appunto attraverso il loro legale hanno chiesto degli accertamenti sul corpo. “La madre ha detto di averla trovata molto strana, alterata la sera prima del suo suicidio ed è un particolare che le è rimasto in mente perché la ragazza non beveva, non fumava e mai avrebbe assunto stupefacenti. Per questo hanno chiesto alla procura di esplorare ogni possibile pista sulla morte della ragazza”, è quanto ha detto nei giorni scorsi l'avvocato dei Lo Giudice. Una richiesta che appunto i magistrati hanno accolto.
La morte di Maria Rita scuote il mondo della politica e della giustizia – Intanto in prefettura a Reggio Calabria sui temi del disagio sociale e psicologico che vivono alcuni giovani appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta si è tenuta una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocata dal Prefetto Michele di Bari. “Non si parte dall’anno zero – ha detto il Prefetto Di Bari – perché bisogna dare atto alla società civile reggina che è diventata anch’essa protagonista attiva nella lotta alla ‘ndrangheta: il cambiamento culturale cui si auspica, evitare la doppia marginalizzazione di chi sceglie di cambiare strada, parte da una sensibilizzazione di cui le stesse istituzioni stanno scegliendo oggi, responsabilmente, di farsi carico”. Il Procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia, Federico Cafiero De Raho, a proposito della morte di Maria Rita Lo Giudice aveva parlato di “un fatto gravissimo” che deve “toccare la coscienza di tutti perché credo che siamo tutti responsabili di fatti come questo”.