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Scambiato per pedofilo e ucciso di botte, i due ragazzini dopo il pestaggio: “Siamo dei grandi”

Dopo aver picchiato Sergio Faveto accusandolo di pedofilia, i due aggressori di 18 e 17 anni si congratulavano tra loro. “Siamo dei grandi, lo abbiamo pestato”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Per l'omicidio di Sergio Faveto, programmatore informatico di Molassana (Genova) morto a settembre dopo un pestaggio, è stato arrestato un ragazzino di 18 anni. Aiutato da un minorenne, il giovane avrebbe sferrato i colpi che per il 52enne cardiopatico sono stati letali. I due erano convinti che l'uomo fosse un pedofilo, anche se non vi sono accuse o indagini a suo carico che confermassero la teoria.

Il 18enne e l'amico di 17 anni sono accusati di omicidio preterintenzionale insieme a un 50enne della zona che avrebbe schiaffeggiato Faveto, dandogli del pedofilo davanti a tutti. L'uomo potrebbe aver istigato i due ragazzini a compiere una vera e propria spedizione punitiva, ma la sua posizione è ancora al vaglio della Procura.

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Secondo quanto reso noto, i due ragazzini avrebbero agito "sulla base di accuse infondate", senza neppure avere ben chiaro il presunto reato del quale si sarebbe macchiato Faveto. La pedofilia era, insomma, una "scusa per perpetrare un'azione violenta".

Il tutto è stato comprovato dal comportamento dei due giovani in caserma. Nella sala d'attesa della stazione di Molassana, avrebbero infatti chiesto all'amica interrogata di mentire e di dire che il 52enne aveva palpato una ragazzina poco prima dell'aggressione.

Lei, intercettata in sala d'attesa, rivela quanto chiesto dai due ragazzi. "Mi hanno detto di sostenere che Faveto aveva palpato il sedere di una ragazzina, ma non lo ha fatto". Subito dopo l'aggressione, il 18enne e l'amico si vantavano di quanto fatto. "Siamo dei grandi" dicevano congratulandosi tra loro per le botte date al 52enne. E davanti ad alcuni amici, ancora: "Sì, lo abbiamo pestato".

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La dinamica dell'aggressione e le lesioni

La vittima era stata avvicinata da una ragazza nei pressi del bar sotto casa che frequentava di solito. La giovane gli aveva urlato di andarsene. "Qui non ti vogliamo, pedofilo" gli aveva detto davanti a tutti. Lui, che non aveva alcuna accusa a carico, era rimasto spiazzato. Poco dopo lo avevano accerchiato i ragazzini per buttarlo a terra e prenderlo a calci.

Inutile il tentativo di rifugiarsi all'interno di un portone: i due indagati lo avevano trascinato con la forza in strada prima di picchiarlo nuovamente. Dopo le botte, Faveto era riuscito a rialzarsi. "Sono cardiopatico – spiegava a un amico di infanzia dopo l'aggressione-. Mi hanno dato un calcio al petto, potevo morire".

Il 52enne era entrato in ospedale poco dopo per alcuni controlli. Faveto è poi morto il 15 settembre al San Martino dopo un mese di agonia. Secondo il medico legale Francesco Ventura, le percosse gli hanno causato una trombosi multi-distrettuale, ovvero l'ostruzione di diverse arterie e del cuore che poi ha causato il decesso.

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