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Scala dei Turchi, acquisite immagini di videosorveglianza: ora è caccia ai responsabili

A deturpare la Scala dei Turchi era dell’ossido di ferro. I carabinieri indagano per individuare i responsabili. Ma dopo questo atto vandalico si pone di nuovo l’annoso problema: qual è la gestione migliore per uno dei luoghi più famosi di Sicilia?
A cura di Luisa Santangelo
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La Scala dei turchi dopo la pulizia
La Scala dei turchi dopo la pulizia

"L'azione di un folle", la definisce la sindaca di Realmonte. "Il gesto di giovani che, evidentemente, non avevano chiare le conseguenze delle loro azioni", trapela da ambienti investigativi. La macchia rossa che deturpava la Scala dei turchi, la scogliera di marna bianca nell'Agrigentino, è stata completamente rimossa. Era ossido di ferro, una polvere comunemente usata nell'edilizia: secondo i primi accertamenti, alcune buste piene di questo materiale sarebbero state lanciate sulla pietra candida. La pioggia, sciogliendola, l'avrebbe trascinata creando quello che le immagini dell'associazione Mareamico Agrigento hanno immortalato. Per fortuna, però, non era niente di chimico: sono bastati acqua e stracci per rimuovere ogni macchia e riportare la Scala allo splendore e alle polemiche.

In base a quanto appreso da Fanpage.it, è possibile che le forze dell'ordine giungano presto all'identificazione e alla denuncia dei responsabili. Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ha aperto un'inchiesta e, immediatamente, i carabinieri del comando provinciale sono andati ad acquisire le immagini dei sistemi di videosorveglianza dell'area: quelli dei tanti privati e quelle registrate da un sistema di monitoraggio dell'erosione delle coste installato dall'ateneo di Messina. "Un gesto ingiustificabile, completamente senza senso", dice la prima cittadina Santina Lattuca ai microfoni di questa testata.

Ci è voluto poco, nelle prime ore della mattinata di oggi, perché volontari e dipendenti comunali ripulissero la pietra. Ma per Lattuca quella che resta addosso è la sensazione "di avere voluto colpire non solo un simbolo per la comunità di Realmonte (Comune in cui ricade la Scala, ndr), ma l'intera Sicilia". Che si sia trattato di questo o dell'azione stupida di qualcuno "che non aveva capito cosa faceva", come dice invece chi lavora sul lato giudiziario di questa storia, il risultato è che per l'ennesima volta la Scala dei turchi è al centro dell'attenzione. E non certo per la sua bellezza mozzafiato.

Da anni, ormai, si trascina un contenzioso tra il pubblico e il privato, entrambi impegnati a rivendicare la proprietà della scogliera più famosa di Sicilia. Alla fine, a spuntarla è stato il privato: Ferdinando Sciabbarrà, l'ultrasettantenne che brandisce il foglio di un testamento a certificarne il titolo. La gestione, però, è altra cosa dalla proprietà. E comunque pure su quest'ultima la Regione Siciliana da tempo vuole mettere un punto fermo. "L'accordo transattivo è stato raggiunto", spiega la sindaca. I passaggi dovrebbero essere i seguenti: da Sciabbarrà alla Regione, dalla Regione al Comune di Realmonte. E dal Comune di Realmonte? Plausibilmente a chi abbia le energie per potere garantire una sorveglianza continua sulla Scala.

"Ormai ci sono gli ultimi passaggi", conferma Claudio Lombardo dell'associazione Mareamico. È lui che, da anni, si occupa di raccontare le magagne attorno alla scala lasciata alla libera fruizione (nonostante sia intervenuto perfino un sequestro giudiziario): "Il legittimo proprietario è un mecenate – chiarisce Lombardo – Speriamo che già dalla prossima estate il nodo della gestione possa essere risolto e che la Scala dei turchi possa essere controllata e fruibile a un numero contingentato di visitatori". Perché i danni causati alla scogliera sono sotto gli occhi di tutti: turisti che incidono sulla marna la propria firma. O che ne portano via pezzi. O che ci piantano dentro gli ombrelloni per godersi l'ombra. "Quello che successo è uno scempio che, per fortuna, non è permanente. Ma bisogna pensare al futuro".

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