Profanata a Jesolo la tomba di Silvia, infermiera simbolo della lotta al Covid
A Jesolo è stata profanata la tomba di Silvia Lucchetta. La donna jesolana (Venezia) di 49 anni era stata trovata senza vita nel marzo del 2020 sul greto del fiume Piave. Sulla lapide c'erano catenine, rosari, piccoli oggetti, ricordi e manifestazioni di affetto che parenti e amici avevano lasciato per onorare la memoria dell’infermiera, simbolo della lotta al Covid, del sacrificio di coloro che attraverso la propria professione sono stati in prima linea nei momenti più drammatici della pandemia. Ma hanno portato via tutto.
Un saccheggio che ha provocato un malore al padre. Per il furto non sarebbe stata fatta denuncia alle forze dell'ordine che comunque svolgeranno una serie di accertamenti. Il senso di sconforto e rabbia è stato invece enorme ed arrivata una condanna unanime per quanto accaduto dalle istituzioni e da privati cittadini.
Dura la reazione del presidente della Regione del Veneto Luca Zaia: "Se una società rischia di arrivare a presidiare i cimiteri è bene che si interroghi sul suo futuro. Sono convinto, però, che la pressoché totalità dei veneti sia d'accordo con me nel condannare senza se e senza ma quanto accaduto a Jesolo. La profanazione della tomba di Silvia Lucchetta è un gesto ignobile, compiuto da persone senza cuore, prive di scrupoli, a cui non può essere concessa alcuna scusante".
"Esprimo tutta la mia vicinanza ai familiari che già provati da un così grave lutto – conclude il Governatore – hanno dovuto subire anche il dolore dell'oltraggio della memoria di Silvia e il furto degli oggetti lasciati sulla sepoltura. Quanto avvenuto è inconcepibile e odioso. Spero che i responsabili siano chiamati presto a rispondere di un simile atto e di una simile vigliaccheria".