Prof in pensione ritrova i bigliettini sequestrati agli studenti in 40 anni: “Ecco come si copiava”

Copiare a scuola è un fenomeno esistito da sempre, sono solo cambiati gli strumenti che possono agevolare gli studenti in un compito in classe o durante un’interrogazione. E sicuramente prima dell'avvento di Internet (e degli smartphone), era più complicato e bisogna ingegnarsi con ogni metodo possibile. Una docente appena andata in pensione ha avuto modo di riflettere sul tema quando mentre si apprestava riordinare i cassetti e a lasciare la sua cattedra dopo 39 lunghi anni di carriera.
Carla Rosati, professoressa dell’istituto professionale ‘Fedele Lampertico' di Vicenza, ha pubblicato su Facebook la foto dei bigliettini, foglietti stropicciati, arrotolati e sbiaditi, requisiti negli anni ai suoi alunni e ritrovati poco prima di chiudersi la porta della scuola alle spalle: "Mettendo a posto il materiale di scuola ho trovato parte del materiale sequestrato – ha scritto nella didascalia –. Notare le carte fatte a mano addirittura plastificate! Quanti biglietti (pre cellulari) “cioccati”, era diventato un gioco".
"Lo ammetto: mi sono commossa" ha poi raccontato al Corriere Della Sera. Lei, insegnante di anatomia aveva intercettato decine e decine di bigliettini utilizzati dai suoi studenti per copiare a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila.
“Quelle foto raccontano una generazione lontana anni luce da quelle attuali. I bigliettini scritti a mano si utilizzavano soprattutto fino agli anni Novanta. Scoprirli era diventato quasi un gioco tra professore e alunno: li trovavo nascosti nelle maniche, negli astucci, infilati tra le gambe. Una volta, perfino scritti sul dorso della tessera per le fotocopie. Lo studente trascorreva ore a trascrivere gli appunti, riepilogando il contenuto del capitolo e qualcosa, dopo tutta quella fatica, gli rimaneva in testa".
Ma poi i tempi sono cambiati: "Sono arrivate le fotocopie rimpicciolite, che non richiedevano neppure lo sforzo di sintetizzare il testo. Infine, con la diffusione degli smartphone, negli ultimi anni copiare è divenuto un esercizio vuoto, superficiale: nessun impegno, massima accuratezza ma niente che possa contribuire alla formazione del ragazzo. E se un docente li pizzica a barare non può certo requisirgli lo smartphone, ché magari rischia pure una denuncia”, ha raccontato la docente con molta nostalgia, rivendicando una certa funzione che avevano i bigliettini.
Un tempo, racconta la docente, la stessa reazione di chi veniva beccato a copiare era molto diversa: “C’era chi cercava una giustificazione, chi mi giurava che era la prima volta, in un paio di occasioni credo che qualche studentessa si sia perfino messa a piangere. Li intristiva il brutto voto ma, ancora di più, temevano la nota sul libretto perché avrebbe significato che i genitori li avrebbero messi in castigo”. Oggi invece “nessuna reazione, i ragazzi sono talmente proiettati su loro stessi da non vedere dove sta il problema: il mondo è dei furbi e difficilmente vengono chiamati a rispondere delle loro mancanze. Mi è capitato che qualche genitore mi dicesse che, in fondo, è normale che il figlio provi a farla franca”.
Non solo strumenti per copiare. Nello scatolone c’erano finiti anche i passatempi di quegli anno: carte da gioco disegnate a mano, palloni da calcio fatti di carta appallottolata e dadi realizzati con cartoncino e nastro adesivo. E pure qualche lettera appassionata o qualche poesia (perché, a quell’età, infatuarsi della prof non è poi così strano).
La foto è diventata virale e diversi suoi ex studenti hanno commentato sotto il suo post divertiti: "Potrei riconoscere qualcosa di mio cercando bene – ha aggiunto un utente –. Adesso insegno a mia figlia come farli e dove metterli per non farsi beccare". C’è anche chi ha ‘sfidato' la professoressa: "Carla, a me non mi hai mai beccato… sappilo!". Ma lei è stata al gioco e ha risposto: "Ai tuoi tempi non ero ancora fetente! Perché sono passati tanti anni, sappilo!". E ancora: "Mia cara professoressa.. io faccio la collezione inversa.. di quelli che non mi sono mai stati ‘cioccati'".