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Crollo ponte Morandi a Genova

Ponte Morandi, l’accusa dei giudici: “Falsità pericolose per l’incolumità, Aspi voleva risparmiare”

Nelle motivazioni della sentenza del tribunale del Riesame sull’inchiesta sui falsi report su alcuni viadotti, i giudici lanciano precise accuse, parlando di una “condotta di falso estremamente pericoloso: è stata fornita una posticcia copertura a gravissime inerzie, fonte di potenziali, rilevantissimi, pericoli per la sicurezza dei trasporti e la incolumità pubblica”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Un “falso estremamente pericoloso”: così i giudici del Tribunale del riesame motivano l’accoglimento, avvenuto a novembre, della richiesta della procura di Genova di interdire dieci tra tecnici e dipendenti dalla professione, nell’ambito dell’inchiesta sui falsi report su alcuni viadotti. Si tratta di una indagine che affianca quella principale che è stata aperta in seguito al crollo del Ponte Morandi di Genova. “Aver riportato, anzi ricopiato, nei rapporti trimestrali i medesimi difetti e voti dei verbali precedenti, accampando la giustificazione che non si poteva entrare nei cassoni, integra una condotta di falso, per di più falso estremamente pericoloso”, si legge nelle motivazioni rese note oggi. Secondo i giudici “è stata fornita una posticcia copertura a gravissime inerzie, fonte di potenziali, rilevantissimi, pericoli per la sicurezza dei trasporti e la incolumità pubblica”.

I giudici del Riesame ritengono che “Aspi e Spea, legate al gruppo Atlantia e pertanto ai medesimi interessi della società controllante, paiono proiettati a una logica di risparmio sui costi di manutenzione per trasmettere l'immagine di efficienza della rete evitando sia impegnativi interventi di manutenzione sia drastiche decisioni dell'organo pubblico di controllo, come la chiusura di tratti autostradali”. Queste condotte che vengono contestate dai giudici si inseriscono, secondo la sentenza, “nella emersa tendenza a permeare la gestione dell'attività di sorveglianza e di manutenzione da parte di Aspi tramite la controllata Spea con condotte illecite dettate da motivi di stretta convenienza commerciale”.

Le condotte a cui fanno riferimento i giudici vanno “dalla deviata qualificazione della natura degli interventi alla disinvolta attribuzione dei voti circa i difetti delle opere ammalorate, fino alla radicale omissione di ispezioni significative finendo sostanzialmente per occultare situazioni potenzialmente e concretamente pericolose per la viabilità e la sicurezza pubblica”. Un’altra accusa viene mossa dai giudici ai vertici di Aspi e Spea, le cui scelte vengono “recepite pedissequamente senza discutere dai dipendenti e dai direttori dei vari settori di Spea, a scapito della prioritaria finalità di assicurare la protezione della sicurezza pubblica, affidata dall'ente pubblico concedete per il tramite della concessione”. Per tutti questi motivi si parla di reati “gravi e commessi con ripetizione nel tempora, anche dopo il crollo del viadotto Polcevera, a dimostrazione dell’allarmante indifferenza al rispetto della normativa”.

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