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Crollo ponte Morandi a Genova

Ponte Morandi, l’ex manager e teste in Tribunale Gianni Mion: “Familiari delle vittime hanno ragione”

Gianni Mion, ex manager della famiglia Benetton e teste in Tribunale nel processo sul crollo del Ponte Morandi a Genova, ha sottolineato che i rischi relativi allo stato di salute del viadotto “erano noti”, ma che nessuno si aspettava il crollo. “Dovevamo chiedere subito scusa”
A cura di Gabriella Mazzeo
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"I parenti delle vittime hanno ragione, ma noi tutti pensavamo che i controlli li facessero i tecnici di Spea". A dirlo è Gianni Mion, 80 anni a settembre, in un'intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica dopo le dichiarazioni al processo sul crollo del Ponte Morandi a Genova. "Cosa vuole che aggiunga? Quello che dovevo dire l'ho detto ai giudici – ha sottolineato l'ex manager dei Benetton durante l'intervista con il giornalista Marco Lignana -. Spero solo che serva a qualcosa".

Mion ha consentito alla famiglia Benetton di passare dall'industria dell'abbigliamento alla gestione di autostrade ed aeroporti. "Avevo già detto durante le indagini che sapevamo che il Morandi fosse a rischio. Ho solo ripetuto il concetto. Nessuno ci spiegò però che il ponte stava per venire giù".

L'ex manager ha sottolineato di aver firmato a verbale che durante una riunione sulla sicurezza del ponte si parlò di un difetto di progettazione. "Tutti noi pensavamo che i controlli li facessero i nostri tecnici di Spea, poi è venuto fuori dopo come facevano le indagini. Non sapevamo allora tutto quello che è venuto fuori dopo. Chiesi solo se qualche ente terzo avrebbe certificato lo stato di salute del viadotto, da lì la risposta del direttore generale ‘ce lo autocertifichiamo' ".

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"I familiari delle vittime – continua – hanno ragione, ma cosa avrei dovuto fare? Una battaglia interna? Il nostro problema è che eravamo troppo autoreferenziali. Negli organi di controllo c'erano troppi diplomati e pochi tecnici".

Su Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade, Mion ha dichiarato di pensare "tutto il bene possibile", sottolineando la sua "incredibile bravura" nonostante sia uno dei principali imputati del processo sul crollo. "Lui è un fuoriclasse, ma si è circondato di collaboratori per niente al suo livello" ha aggiunto.

"Io dissi subito dopo il crollo che bisognava chiedere scusa, che era importante farlo. Castellucci non mi ascoltò, lì anche lui ha sbagliato. Penso che se tornasse indietro, non farebbe lo stesso errore. In quei casi poi intervengono strategie ed avvocati". Mion ha ribadito di avere comunque i propri rimorsi. "Penso sempre a tutte le cose di cui mi sarei dovuto preoccupare e di cui non mi sono occupato. Purtroppo non posso rinascere, ho finito la mia corsa e speravo finisse meglio. Se ho parlato male della famiglia Benetton, è stato per lo sconforto davanti a tutto quello che stava uscendo sui giornali".

"Quello che sta facendo ora Autostrade, tutti i controlli e le ispezioni, potevamo farle benissimo anche noi ma era un campo troppo difficile: eravamo autoreferenziali e impreparati a gestirlo. Spero che lo Stato e le pubbliche amministrazioni vigilino sugli accertamenti"

Sulla possibilità di essere indagato (anche se il pm ha sottolineato che l'ex manager non era vicino a questioni tecniche e operative in quanto "ad della holding di una holding"), Mion si è rimesso alla volontà delle autorità. "Decidano loro. Facciano come ritengono giusto. Non è detto che la giustizia trionfi sempre, ma io quello che potevo dire l'ho detto, su quello che non ho fatto vedano loro se ci sono estremi per indagare".

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