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La scomparsa di Kata a Firenze

Perché lo zio Abel è l’ago della bilancia per risolvere il giallo della scomparsa di Kata

Perché lo zio di Kataleya è l’ago della bilancia per risolvere il giallo della scomparsa della bimba di Firenze e la lettera che ha scritto dal carcere invece è l’ennesimo depistaggio.
A cura di Anna Vagli
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La bimba scomparsa a Firenze
La bimba scomparsa a Firenze
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Il giallo relativo alla scomparsa della piccola Kata Alvarez resta ancora irrisolto. La Procura di Firenze ha disposto nuovi accertamenti scientifici da svolgere nel corso delle prossime settimane all’interno dell’ex hotel Astor.

E proprio all’indomani dell’uscita della notizia lo zio Abel ha scritto una lettera dal carcere per ribadire la sua estraneità al rapimento di Kata e per dichiarare il suo dolore. Nelle righe affidate al suo avvocato non solo si dichiara innocente rispetto ai reati contestati, estorsione, lesioni gravi e tentato omicidio, ma sottolinea nuovamente che né lui né i suoi famigliari hanno mai nascosto nulla.

Addirittura, suggerisce agli inquirenti diverse piste investigative. Come quella che vedrebbe Kata venduta o rapita per sbaglio e al posto di un’altra bambina per una partita di droga non pagata a uno spacciatore.

Il ruolo chiave dello zio nella scomparsa della bimba di Firenze

Lo zio Abel è il vero e proprio ago della bilancia per la risoluzione del giallo relativo alla scomparsa della nipote. Lo è per due ordini di motivazioni. La prima. Era proprio lo zio Abel il vero regista del racket degli affitti all’interno dell’ex hotel Astor. La seconda motivazione è un dato investigativo fondamentale che sembra, almeno da quanto emerso sino ad oggi, essere stato trascurato.

L’uomo è un testimone chiave. E lo sarebbe stato chiunque quel giorno avesse avuto in custodia la bambina. In primo luogo, perché è stato l’ultimo a vedere Kata. E teoricamente per questo avrebbe già dovuto fornire informazioni cruciali sul contesto e sulle circostanze in cui quel rapimento è maturato. Oltre che sulla cronologia dettagliata degli eventi che lo hanno preceduto.

Soprattutto perché, proprio in relazione al circuito criminale che Abel avrebbe gestito, potrebbe aver appreso qualche informazione o qualche movimento sospetto prima che di Kata si perdessero le tracce. Dunque, solo attraverso una vera collaborazione piena e trasparente con le autorità, si potrà arrivare alla verità.

Nonostante nella lettera cerchi di allontanare qualsiasi connessione tra il racket degli affitti e il rapimento, e parli di un presunto scambio nella sottrazione della minore, l’uomo non solo non può non essere consapevole che Kata è stata strappata alla sua famiglia per vendicare o pareggiare un torto subito e connesso alle sue attività all’interno dell’ex hotel. Ma neppure è possibile credere che non abbia alcuna idea su chi possa essere responsabile del gesto.

Ed il motivo è di logica comprensione. Kata è stata portata via da qualcuno che abitava o comunque gravitava stabilmente nell’ambito dell’hotel Astor. Una, o più persone, che avevano programmato da tempo quel sequestro, dato che non sarebbe stato possibile improvvisarlo in un luogo come quello dell’ex hotel. Dove la criminalità organizzata la faceva da padrona e ruotava tutta attorno al racket degli affitti.

Chi ha portato via la piccola Kataleya, chiaramente, ha poi approfittato di un momento di distrazione, ma doveva necessariamente aver studiato ogni mossa da tempo.

Da questo punto di vista continua a essere poco credibile la lettera scritta dal carcere da Abel. Peraltro, nella stessa l’uomo ha anche ribadito di non aver taciuto nessuna informazione agli inquirenti. Questo però non corrisponde al vero ed è anche cristallizzato nelle carte dell’inchiesta.

Difatti, la stessa ordinanza del Gip di Firenze che ne aveva ordinato la custodia per le attività legate al racket lo scorso 5 agosto, aveva messo nero su bianco l’omertà non solo dello zio materno. Ma anche quella dei genitori. Che, nell’immediatezza della scomparsa di Kata, non avevano riferito agli investigatori né del business delle camere del palazzo, né dei terribili accadimenti verificatesi nei mesi e nelle settimane precedenti.

I genitori di Kata
I genitori di Kata

Come il fatto del 28 maggio quando un uomo si era gettato dal terzo piano per sfuggire a un raid punitivo. E proprio quell’omissione di informazioni ha forse pregiudicato in maniera irreversibile l’esito delle indagini. Tuttavia, niente è perduto.

Nel ribadire che Abel è in carcere per altri tipi di reato, è nella facoltà del pubblico ministero avviare un nuovo troncone di inchiesta laddove emergano elementi che lo giustifichino.

Lo sgombero dell’ex hotel Astor e l’importanza dell’investigazione tradizionale

L'ex hotel Astor
L'ex hotel Astor

La prossima settimana dovrebbe cominciare lo sgombero definitivo dell’ex hotel Astor per consentire i nuovi sopralluoghi e accertamenti irripetibili disposti dalla procura fiorentina. Ma l’indagine sulla scomparsa di Kata non può prescindere, oltre che dalle analisi genetiche e dagli accertamenti, anche dall’investigazione professionale basata sulla ricostruzione di tutti i rapporti che hanno incrociato la sua vita.

Di qualunque natura essi fossero. Perché la risposta sta lì. Chi sa racconti. A partire dalle persone più vicine proprio alla bambina.

Se l’obiettivo è riportare a casa Kataleya, ogni informazione deve essere portata al vaglio degli inquirenti. Altrimenti, la verità potrebbe rimanere lontana.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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