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Palermo, l’infermiera stremata dopo un giorno di lavoro: si addormenta sul volante dell’ambulanza

Aurora, 22 anni, doveva entrare al pronto soccorso dellʼospedale di Villa Sofia con il paziente a bordo. Ha dovuto attendere, come da procedura: otto ore senza potersi muovere. La foto ha fatto il giro del web. “Qualcuno pensava che il Covid fosse tutto una finzione e adesso che, purtroppo, è positivo, si rende conto della realtà. Il Coronavirus è un nemico invisibile” racconta la ragazza che lavora all’Ospedale dei Bambini.
A cura di Biagio Chiariello
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Stremata, distesa come può sul volante dell'ambulanza del 118. Ha fatto il giro del web la foto che ritrae l'infermiera Aurora Tocco ed è  già diventata una delle immagini simbolo di questa seconda ondata di coronavirus. La 22enne stava attendendo da otto ore il tampone per un paziente Covid, davanti a Villa Sofia a Palermo. Lo scatto è stato postato su Facebook da un collega dell'infermiera. "Sto pensando a ciò che ho vissuto assieme alla mia équipe, vestiti per otto ore di fila con un sospetto in ambulanza poi positivo. Otto ore interminabili e ancora non è finita", ha scritto il soccorritore. L'intervento, infatti, è cominciato alle 10 del mattino e si è concluso solo alle 18, quando si è avuto l'esito del tampone molecolare risultato positivo. Nelle tende attrezzate del pre triage all’esterno dell'ospedale ci sono malati positivi che aspettano di essere visitati e poi trasferiti nei reparti Covid 19. Nel frattempo, il personale sanitario con il malato a bordo resta in ambulanza, con l'equipaggio che non può muoversi e il paziente preso in carico che attende il suo turno.

Aurora lavora all’Ospedale dei Bambini di Palermo, ma quando non è di turno sale sui mezzi del 118 “per la passione, per il mio impegno, la spinta che mi fa alzare la mattina” racconta a Live Sicilia. “Sono una ragazza fortunata e mi aiuta molto la riconoscenza delle persone, quando andiamo per servizio. Qualcuno pensava che il Covid fosse tutto una finzione e adesso che, purtroppo, è positivo, si rende conto della realtà. Il Coronavirus è un nemico invisibile. Ma c’è chi lo nega anche per paura. Io vivo a Cinisi con la mia famiglia, ogni giorno prendo il treno. Sognavo di lavorare in un ospedale a sedici anni, quando frequentavo la scuola. La medicina è il mio sogno da sempre, come lo studio del corpo umano, questa macchina bellissima che può incepparsi”.

Noi non siamo eroi, siamo persone. Vinceremo la battaglia per merito di tutti. Cosa penso la sera, sul treno, quando torno? Ringrazio Dio perché ho fatto il mio dovere. Non lo facciamo per lo stipendio, lo facciamo per gli altri. Ora mi scusi, sono arrivata”.

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