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L'omicidio Meredith Kercher

Omicidio Meredith, Raffaele Sollecito: “Io e Amanda Knox trattati come mafiosi”

Raffaele Sollecito parla dopo la sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l’Italia per aver violato il diritto alla difesa di Amanda Knox. “Nel mio caso non ci fu violenza in termini fisici, ma ho sempre sottolineato la violenza psicologica insensata: siamo stati più di dieci ore di notte in Questura, tenuti come dei mafiosi che cercavano di sfuggire alle loro responsabilità”, ha detto l’ingegnere pugliese.
A cura di Susanna Picone
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Amanda Knox e Raffaele Sollecito all'epoca del delitto di Perugia
Amanda Knox e Raffaele Sollecito all'epoca del delitto di Perugia
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All’indomani della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha condannato l'Italia a versare 18.400 euro ad Amanda Knox per violazione del suo diritto alla difesa, a parlare è Raffaele Sollecito, l’altro protagonista di una lunga storia giudiziaria che si è conclusa con l’assoluzione in via definitiva di entrambi. Amanda Knox e Raffaele Sollecito erano stati accusati e condannati, per poi essere assolti in Cassazione, dell’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il primo novembre 2007 e per il quale è stato condannato l’ivoriano Rudy Guede. “Nel mio caso non ci fu violenza in termini fisici, ma ho sempre sottolineato la violenza psicologica insensata: siamo stati più di dieci ore di notte in Questura, tenuti come dei mafiosi che cercavano di sfuggire alle loro responsabilità. In realtà stavano facendo un buco nell'acqua”, ha detto Sollecito dopo la sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l'Italia. “Dimostrare che ci siano stati maltrattamenti in Questura è difficile. Io su questo non posso dire niente, quando fui interrogato Amanda era lontana da me”, ha aggiunto Sollecito riguardo il fatto che per la Corte non c'è nessuna prova dei trattamenti inumani dei quali si era lamentata la giovane americana.

Sollecito ora vive in Francia: "Sento Amanda per messaggio" – Ma secondo Raffaele Sollecito, che ora vive e lavora in Francia, quella che all’epoca del delitto di Meredith era la sua fidanzata e che ancora oggi sente per messaggio è stata “spaventata da investigatori che non hanno saputo fare il loro dovere e che si sono innamorati di una teoria che non aveva riscontri nella realtà”. “Per me questo è un grandissimo punto fermo e tiro un sospiro di sollievo – ha aggiunto -. Sono felice di andare a testa alta riguardo a una vicenda che ha infangato il nome mio e della mia famiglia”. Riguardo la sua vita, Raffaele Sollecito – che in Italia aveva avviato dei progetti come ad esempio una start up dedicata alla commemorazione dei defunti – ha chiarito di essersi trasferito in Francia dopo aver avuto un’opportunità di lavoro e che questa decisione non c'entra nulla con la voglia di scappare dalle conseguenze della vicenda legata al delitto di Perugia: “Ormai le mie immagini non vanno in onda molto spesso, neppure in Italia mi riconoscono spesso per strada – ha detto l’ingegnere – Quando ho a che fare con le persone, c'è chi ha seguito di più il processo ed è più empatico e chi continua ad avere dubbi e pregiudizi”.

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