‘Ndrangheta, rifiuti tossici nei terreni: valori 60 volte il limite e falda acquifera contaminata
Nei terreni agricoli i Consulenti Tecnici nominati dalla Procura hanno rilevato una contaminazione da sostanze tossiche i cui valori il 6000%, con un concreto pericolo di contaminazione della falda acquifera. Interrati le analisi hanno scoperto enormi quantitativi di rifiuti pericolosi e fanghi provenienti da aziende di trattamento dei rifiuti speciali perlopiù di natura metallica che facevano riferimento alla Società ECOSERVIZI s.r.l. situata a Gioia Tauro, a Reggio Calabria, e gestita dalla famiglia Delfino. Famiglia strettamente legata a quella ‘ndranghetista dei Molè.
Un giro di traffici nei quali erano coinvolte almeno cinque società e 29 persone così come emerso dall'operazione "Mala pigna" portata a termine dai carabinieri Forestali le cui indagini sono state coordinate dalla Dda di Reggio Calabria. Sono 19 le persone arrestate, di cui 10 agli arresti domiciliari, mentre ad altre nove è stato imposto l'obbligo di dimora e per uno infine l'obbligo di presentazione. Mentre le cinque aziende coinvolte sono state poste sotto sequestro. Facevano tutte riferimento a Rocco Delfino che, per aggirare la normativa antimafia, le aveva date in gestione a persone senza precedenti penali, cosiddetti prestanome: le aziende pulite avevano tutte le carte in regola per ottenere le autorizzazioni a trattare i rifiuti speciali e "intrattenere rapporti contrattuali con le maggiori aziende siderurgiche italiane, contrattare l’importazione e l’esportazione di rifiuti da e per Stati esteri, nonché aspirare all’iscrizione in white list negli elenchi istituiti presso la Prefettura".
Secondo quanto emerso dalle indagini, gli autocarri carichi di rifiuti partivano dalla sede dell'azienda e percorrevano solo pochi metri per poi scaricare e interrare quei rifiuti, tra i quali i Tecnici hanno rilevato anche fanghi provenienti presumibilmente dall'industria meccanica pesante e siderurgica. Un vero e proprio traffico di rifiuti speciali portato avanti anche all'aiuto di avvocati, consulenti, commercialisti e ingegneri ambientali e soprattutto attraverso modalità mafiose. Tra questi spunta il nome dell'avvocato ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, già imputato nel maxiprocesso Rinascita-Scott della Dda di Catanzaro. Anche in questo caso l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa: legale di fiducia della famiglia ‘ndranghetista Piromalli, Pittelli "veicolava informazioni dall’interno all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli, detenuti in regime carcerario ai sensi dell’art. 41 bis, ossia Piromalli Giuseppe detto “Facciazza” ed il figlio Piromalli Antonio" e lo stesso Rocco Delfino, punto di riferimento della cosca di Gioia Tauro. Secondo la Dda, Pittelli era "uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la ‘ndrangheta uno stabile rapporto ‘sinallagmatico'".
Lo stesso Rocco Delfino voleva arrivare all'ex ministro degli Esteri Franco Frattini il cui nome compare in un'intercettazione registrata dai carabinieri durante un pranzo tra Delfino e Pittelli, arrestato: "Nell'occasione – è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip – Delfino chiedeva a Pittelli se ci fosse una qualche possibilità di influire sulle determinazioni del giudice Frattini, al fine di assicurarsi il buon esito di un ricorso. Pittelli – scrivono sempre i magistrati – dopo aver rivolto nei suoi confronti frasi dal contenuto offensivo, rispondeva negativamente in quanto il dottore Frattini, inconsapevole della vicenda di cui parlavano gli interlocutori, non si sarebbe prestato a favore del Delfino". All'operazione, denominata "Malapigna", hanno partecipato anche i carabinieri forestali dei Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna, con il supporto dello squadrone eliportato "Cacciatori Calabria" e i militari dell'ottavo Nucleo Elicotteri Carabinieri di stanza a Vibo Valentia. I provvedimenti sono stati emessi dal gip Vincenza Bellini su richiesta della Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.