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Morto il dottor Carlo Spagnolli: una vita da medico in Africa accanto a poveri e disperati

Carlo Spagnolli, medico di 70 anni che aveva consacrato la sua intera vita, non solo professionale, alla cura dei più poveri in Africa, è morto in una clinica di Rovereto, in Trentino Alto Adige. Da tempo era malato di cuore. Dopo la laurea, conseguita nel 1975, ha curato migliaia di persone in Uganda, Eritrea, Etiopia Camerun e Zimbabwe.
A cura di Davide Falcioni
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Carlo Spagnolli, medico di 70 anni che aveva consacrato la sua intera vita, non solo professionale, alla cura dei più poveri in Africa, è morto domenica pomeriggio in una clinica di Rovereto, in Trentino Alto Adige. Da tempo era malato di cuore: aveva avuto un infarto nel 2012 in Zimbabwe  e da allora una gravissima cardiopatia l'aveva tenuto lontano dal "continente nero", in cui era potuto tornare per brevi periodi solo fino al 2018.

Quella del dottor Spagnolli è stata una vita interamente dedicata ai più bisognosi e spesa in gran parte in alcuni tra i paesi più poveri del mondo. Nato a Roma nel 1949, dopo la laurea – nel 1975 – si è recato in Uganda per svolgere il servizio civile rimanendoci poi per altri 14 anni. Nel 1989 deciderà di spostarsi in Eritrea, poi Etiopia e Camerun. Dal 1996 ha infine prestato la sua opera in Zimbabwe, grazie anche al sostegno dei tanti amici trentini e in particolare dell’Associazione Lifeline Dolomites di Claudio Merighi. In Zimbabwe, nell'ospedale Luisa Guidotti di Chinoy, ha coordinato i reparti di chirurgia e ginecologia. La lotta all'Aids è poi diventata il suo principale impegno, riuscendo ad aprire il "Villaggio San Marcellino" per i bambini orfani a causa dell'HIV, ma anche una scuola per infermiere e la "Casa della gioia Mariele Ventre" – dedicata alla famosa fondatrice dello Zecchino d'oro – per la riabilitazione di bambini affetti dall'Aids.  L'Africa gli aveva permesso anche di incontrare la donna che sarebbe diventata sua moglie, Angelina, infermiera caposala ugandese prematuramente scomparsa nel 2010.

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Spagnolli lascia tre figli: Francesco, Giovanni ed Elisa, determinati a portare avanti l'opera del padre: "Non sarà facile onorare la memoria di papà magari aprendo qualcosa, che può essere un centro medico o una struttura per ragazzi, in suo nome con l’aiuto di qualche associazione che lo sosteneva, ma lo faremo. La forma e la sostanza le troveremo…", dicono al Giornale del Trentino. "Quello che ha fatto papà rimarrà per sempre. Ed anche noi ci sentiamo caricati di questo impegno che onoreremo secondo le nostre possibilità. Non sarà facile, ma glielo dobbiamo per tutto quello che ci ha insegnato".

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