Morta dopo caduta nella tromba delle scale a Genova, il compagno: “Stava per picchiarmi e sono scappato”

"Abbiamo litigato, lei stava per picchiarmi e allora sono scappato. Fuori dalla porta ha urlato ‘se non ti fermi mi butto’. Ma io ero già sceso". Con queste parole il compagno della 30enne morta a Genova ha raccontato agli investigatori della Squadra Mobile di Genova, guidata dal primo dirigente Carlo Bartelli e dal vice Federico Mastorci, i drammatici istanti che hanno preceduto il dramma: la donna, di origini peruviana, precipitata nella tromba delle scale del palazzo dove risiedeva, nel quartiere San Martino.
La tragedia è avvenuta intorno alle 2:30 della notte tra il 31 agosto e il primo settembre. La donna è caduta per due piani, da un’altezza di circa sei metri, riportando fratture a tibia e perone e un trauma cranico che le è stato fatale. Nonostante l’intervento immediato del 118, per lei non c’è stato nulla da fare.
Secondo una prima ipotesi degli inquirenti, la giovane potrebbe essere inciampata mentre si avvicinava alla ringhiera della tromba delle scale, perdendo l’equilibrio e precipitando nel vuoto. Tuttavia, la dinamica completa dell’incidente resta ancora da chiarire. Il pubblico ministero Giuseppe Longo ha disposto l’autopsia, che verrà eseguita nei prossimi giorni: l’esame medico legale sarà fondamentale per stabilire se la caduta sia stata accidentale o volontaria e per verificare eventuali responsabilità.
Il compagno della vittima ha fornito la propria versione dei fatti e ha acconsentito al prelievo di materiale da sotto le unghie, per permettere agli investigatori di escludere eventuali colluttazioni o contatti fisici poco chiari. Sulla donna, che svolgeva occasionalmente lavori come badante, non sarebbero stati riscontrati segni di violenza, ad eccezione delle lesioni provocate dall’impatto con il pavimento.
Gli investigatori hanno ascoltato anche i vicini di casa. Una donna ha raccontato di aver percepito rumori e urla provenienti dall’appartamento intorno alle 2:30: "C’erano persone che correvano, sembrava che spostassero o spaccassero mobili. Ho sentito un bambino o un ragazzo urlare. Poi lei ha gridato fortissimo e ho sentito un botto". La testimonianza conferma la presenza di tensioni all’interno dell’abitazione e contribuisce a ricostruire la sequenza degli eventi, che si sarebbero svolti in pochi minuti.
Nell’edificio sono presenti telecamere di videosorveglianza, i cui filmati sono stati sequestrati e saranno attentamente visionati dagli inquirenti per verificare la ricostruzione fornita dal compagno.
La coppia viveva in un piccolo appartamento messo a disposizione dal Comune nell’ambito delle misure per fronteggiare l’emergenza abitativa. Al momento della tragedia non erano presenti le due figlie della coppia, ma la sorella della vittima con il marito e i loro due figli.
Al termine delle indagini preliminari e dell’autopsia, il pm deciderà se aprire un fascicolo per omicidio volontario o colposo.