Mamma 38enne chiede congedo per assistere il figlio disabile ma viene licenziata: “Nessuno può occuparsene”

"Ho ricevuto la lettera di licenziamento di punto in bianco. Nonostante tutto quello che avevo costruito per l'azienda, di fronte alla situazione difficile che stavo attraversando, sono stata fatta fuori ingiustamente". È questa la denuncia di una donna di 38 anni di Montebelluna che sarebbe stata licenziata da una multinazionale tedesca dopo aver chiesto un periodo di congedo per assistere il figlio disabile.
Stando a quanto riportato da Il Gazzettino, la donna, assistita dall'avvocato Giuseppe Galzignato, ha impugnato il licenziamento chiedendo l'annullamento del provvedimento e il risarcimento delle spese legali e dei danni subiti. Ma la battaglia è ancora lunga, dopo che la sentenza in primo grado le ha dato ragione. Ma facciamo un passo indietro.
La 38enne ha ricevuto la lettera di licenziamento a settembre 2024, quindi esattamente un anno fa. "Un mese prima avevo fatto sapere che sarei entrata in congedo straordinario, tempo che mi è consesso in quanto a mio figlio è riconosciuta la legge 104", ha spiegato al Gazzettino. Al bambino, nato nel 2021, è stata diagnosticata una grave patologia, confermata nel 2023, e ha bisogno di cure specifiche. Nel 2022, per altro, il piccolo era stato anche allontanato da scuola dove era stato iscritto perché "gli insegnanti mi avevano detto che non sapevano come gestire la sua condizione". Proprio per questo, dopo che la relazione col padre del bambino è finita, la mamma si è trasferita dalla Germania, dove era stata assunta, a Montebelluna, dove vive la sua famiglia, per trovare aiuto.
Pur lavorando in smart working, la donna si è resa ben presto conto che non ce l'avrebbe fatta. "Ho chiesto congedo, era un mio diritto. Ho avvisato le risorse umane a inizio agosto 2024 e mi hanno risposto dicendo che la richiesta era stata presa in carico", ha spiegato ancora la 38enne. Ma il 2 settembre, il giorno dopo l'avvio del provvedimento, è arrivata la lettera di licenziamento e nonostante l'intervento dei sindacati l'azienda ha ribadito la sua decisione. I giudici in primo grado le hanno dato ragione, ma il 18 settembre la multinazionale ha impugnato il provvedimento: "In questi mesi ho perso tutto, ma non la mia dignità", ha concluso la 38enne. La causa è ancora in corso.