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Esplosione nella centrale idroelettrica di Suviana

“Le morti sul lavoro sono un fallimento sociale”: la lettera a Fanpage.it dopo la strage di Suviana

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un nostro lettore dopo l’ultima strage sul lavoro presso la centrale idroelettrica di Bargi sul lago di Suviana: “Quando si va a lavorare si deve anche tornare integri e sani come siamo partiti da casa, ma purtroppo non è così e avere anche il minimo presagio che chiunque di noi possa non tornare è una sensazione opprimente”.
A cura di Redazione
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Dopo la strage dei lavoratori avvenuta nella esplosione nella centrale idroelettrica di Bargi sul lago di Suviana, ma anche in relazione a tutte le altre morti sul lavoro e incidenti, un nostro lettore ha voluto scrivere una lettera che – scrive – "vale come mia testimonianza e pensiero da lavoratore".

La lettera a Fanpage.it

Leggere e apprendere, da lavoratore, della morte e degli infortuni di miei tante e tanti colleghe/i, a qualsiasi categoria esse/essi appartengano, è un dolore  immenso. Quando si va a lavorare si deve anche tornare integri e sani come siamo partiti da casa, ma purtroppo non è così e avere anche il minimo presagio che chiunque di noi possa non tornare è una sensazione opprimente.

Quasi sempre viene sostenuta la tesi che la colpa di ogni incidente è del lavoratore, ma chi è in produzione e opera in ambienti/luoghi di lavoro che sono a stretto contatto con la sicurezza è consapevole che le dinamiche delle stragi sul lavoro non fanno capo alla responsabilità del singolo lavoratore o di un collettivo che “sbaglia”. La prevenzione dei rischi sul lavoro parte invece dall’alto, dalle organizzazioni del lavoro. Esse devono recepire le norme di sicurezza, attuarle scrupolosamente e avvicinare i propri dipendenti alla conoscenza del rischio con la necessaria formazione, rendendoli quindi parte di un processo produttivo in maniera consapevole.

Oggi siamo tristi testimoni del fatto che i tempi umani si devono adeguare a quelli delle lavorazioni, con orari di lavoro sempre più lunghi, con riposi sempre più stretti e dove c’è sempre meno personale, al quale vengono accorpate mansioni su mansioni. Ma, più si fa, più si sbaglia e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Altro tasto negativo riguarda lo stato delle condizioni di sicurezza nei luoghi e ambienti di lavoro. Se queste condizioni non ci sono o mancano in parte la produzione va fermata affinché i rischi vengano annullati ma anche questo non avviene. In questo momento storico è quindi fondamentale che ogni singola lotta portata avanti da lavoratori e lavoratrici, singoli o collettivi di attivisti, RLS, RSU o sigle sindacali, che abbia a cuore i temi di salute e sicurezza deve trovare spazio nei giornali, perché condividere quelle esperienze ci aiuta a prevenire le morti sul lavoro.

Altrettanto importante è raccontare le repressioni di coloro che lottano, che vengono licenziati, sanzionati, intimiditi, esclusi perché provano a portare avanti il benessere di ognuno di noi. Raccontare le loro vicissitudini fa capire come non ci sia una reale intenzione politica di fermare queste stragi, di quale livello di disumanità abbiamo ormai raggiunto, dell’insensatezza della ricerca del guadagno a fronte del dolore della perdita delle vite umane.

Chiedo quindi, da lavoratore, di poter portare nelle vostre pagine questo mio grido di dolore ma anche di ingiustizia, perché in una realtà dove il profitto viene anteposto all’essere umano siamo di fronte a un fallimento sociale.

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