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“Lanciamo molotov all’ANPI, lo facciamo fare a un marocchino”. Il piano dei neonazisti italiani

I neonazisti indagati nell’ambito dell’inchiesta “Ombre Nere” condotta dalla procura di Caltanissetta intendevano lanciare una bomba incendiaria alla sede dell’Associazione dei Partigiani di Genova. Intercettati, dicevano: “Lanciamo una molotov contro l’Anpi di Genova, la facciamo tirare da un marocchino, così depistiamo”.
A cura di Davide Falcioni
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"Lanciamo una molotov contro l’Anpi di Genova, la facciamo tirare da un marocchino, così depistiamo". Sono le parole intercettate dalla Digos di Enna, che ieri ha portato alla luce un’organizzazione neonazista iscrivendo diciannove persone persone nel registro degli indagati, tutte con l'accusa di costituzione e partecipazione ad associazione eversiva ed istigazione a delinquere. Secondo gli inquirenti la sezione genovese dell'associazione dei partigiani era nel mirino degli estremisti liguri, coordinati, secondo gli investigatori, da Pasquale “Leone” Nucera, 64 anni, vice coordinatore di Forza Nuova nella provincia di Imperia ed ex affiliato (pentito) alle cosche della ‘ndrangheta. L'uomo, anch'egli indagato nell’ambito dell’inchiesta “Ombre Nere” condotta dalla procura di Caltanissetta, era per gli investigatori incaricato di reclutare e formare nuovi militanti facendo proselitismo e propaganda neonazista sia sui social network sia su un’apposita chat denominata appunto “Militia”, in cui veniva condiviso materiale di area politica di estrema destra.

In Liguria, oltre a Pasquale Nucera, sono indagati anche tre simpatizzanti di Fratelli d’Italia: Claudio Testa, 58 anni, Alessandro Piga, 65 e Olga Giorgi, 66 anni, tutti genovesi e tutti senza precedenti penali. Le loro abitazioni – disseminate tra il centro e Sampierdarena – sono state perquisite ieri mattina dai poliziotti della Digos genovese, che ha sequestrato anche computer e cellulari.

Le intercettazioni delle Digos delle varie città coinvolte (la rete era variegata ed estesa in tutta Italia) vanno a ritroso di diversi mesi, e dimostrerebbero l'intenzione degli indagati non solo di fondare un nuovo partito neonazista e nazionalista, ma anche di farlo utilizzando la violenza. In svariate conversazioni si parla di fornitori in grado di approvvigionarli di “kalashnikov a 150 euro”, in altre si parla delle sedi Anpi di Milano e di Genova, e si suggerisce di passare all’azione lanciandovi contro una bottiglia di benzina. In risposta, c’era chi si vantava di avere sempre una corda in auto e di essere "pronto a usarla per spezzare una carotide".

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