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La mamma di Livio, suicida per colpa dei bulli: “Ascoltate i vostri figli, istituzioni non fanno nulla”

Roberta Mazzi è la mamma di Livio Cinelli, perseguitato fino ad essere spinto all’atto estremo ormai 11 anni fa nel Veronese: “Famiglie, scuola e istituzioni oggi non hanno dialogo. Ascoltate i vostri figli per non ritrovarli poi vittime o persecutori”.
A cura di Biagio Chiariello
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Livio Cinetto aveva 16 anni quando il 3 giugno 2012 scelse di togliersi la vita. Non ne poteva più del martirio quotidiano da parte di "giovani e spietati bulli che non lo accettavano all'interno del gruppo", adolescenti come lui, tutti studenti del ‘Calabrese-Levi' di San Floriano, in provincia di Verona.

Più volte nel corso di questi undici anni Roberta Mazzi, la mamma, ha provato a gettare luce sul dramma personale e del marito Stefano Cinetto. Anche e soprattutto perché quel dramma non è solo il suo, ma quello di molti altri giovani, e probabilmente anche l'isolamento forzato del Covid in questi anni ha dato una spinta: "Serve fare un passo indietro, ascoltare, capire, ripristinare la collaborazione tra famiglia, scuola e istituzioni. Rimettere il coperchio ad un vaso di Pandora, pieno di incomunicabilità, che abbiamo, forse senza consapevolezza, scoperchiato".

È completamente saltata la sinergia tra famiglie, scuola e istituzioni. Dilaga una mancanza di rispetto, una “confidenza“ che genera perdita di rispetto nei confronti di tutti: genitori, insegnanti, allenatori…"

Livio, un ragazzino con qualche chilo più, era sbeffeggiato perché intellettuale, lettore accanito, uno "strano" che portava nella cartella l’ultimo numero di ‘Focus' e con i pochissimi buoni amici discuteva di problemi internazionali, hanno spiegato i genitori a L'Arena. Ma nonostante l'età, era un ragazzino che si impegnava. "Era stato assistente animatore, in un campo estivo e si era già messo in lista per una seconda stagione" racconta la madre.

Secondo la signora Mazzi oggi "i ragazzi vanno ascoltati, bisogna trovare il tempo per farlo, nonostante i ritmi della vita quotidiana. E soprattutto bisogna dare loro il senso dell’impegno, del confronto, del conquistare qualcosa…"

In tempi non lontani, a fronte di un errore, si veniva ripresi. C’erano proposte di esperienza comunitaria, momenti in cui si imparava a conoscere l’altro, a stare insieme. Oggi tutto questo manca. E forse servirebbe fare un passo indietro".

La donna punta anche il dito contro le istituzioni: "Si parla, magari c’è interesse ma poi, nel concreto, nulla avviene. Eppure forse basterebbe tenerli attivi, farli incontrare e parlare, questi nostri ragazzi…". E ai genitori di ragazzi che vivono oggi la stessa condizione di Livio dice: "Ascoltate, parlate, lavorate sulla persona. Non conta quante ore di lavoro possiate avere alle spalle".

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