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La denuncia delle figlie di Ferdinando, morto in ospedale: “Lasciato ore su una barella, nessuno lo aiutava”

Ferdinando Minonne, 87 anni, residente a Campi Salentina (Lecce) è morto il 12 settembre nell’ospedale di Copertino dopo una settimana di sofferenze. Le figlie hanno denunciato quanto accaduto in un esposto, perché ci sarebbero state molte negligenze da parte degli operatori medici negli ultimi giorni di vita del padre, che intanto continuava a vomitare liquido nero.
A cura di Bianca Caramelli
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Una settimana di dolori prima della morte all'ospedale. Questo sono stati gli ultimi giorni di vita di Ferdinando Minonne, un ex imprenditore 87enne di Campi Salentina (Lecce), che il 12 settembre è deceduto nell'ospedale di Copertino. La sua morte è ora al centro di un caso giudiziario.

Le figlie di Minonne hanno infatti depositato un esposto in cui hanno denunciato quanto successo al padre. Il 6 settembre quest'ultimo aveva iniziato a presentare un sintomo preoccupante: rimetteva un liquido scuro. La guardia medica gli aveva dunque somministrato un farmaco per fermare vomito e nausea, ma la situazione non era migliorata.

Il 7 settembre le figlie di Minonne avevano deciso di chiamare un'ambulanza. Ma gli operatori del 118, sopraggiunti all'abitazione, non avevano ritenuto necessario ricoverare l'anziano, che intanto soffriva sempre di più. Una visita a casa del medico curante avvenuta più tardi aveva confermato che l'uomo doveva essere ricoverato in ospedale per sottoporsi a una gastroscopia.

Così, l'8 settembre le figlie hanno chiamato un'ambulanza privata, che ha portato l'uomo al pronto soccorso del "Fazzi", dove i medici l'hanno accolto solo dopo molte insistenze dei familiari.

L'uomo ha dunque ricevuto una visita cardiologica, che ha avuto come esito la diagnosi di fibrillazione atriale. Ma la dottoressa che l'ha eseguita non ha neanche rilasciato un referto e soprattutto non ha fatto una radiografia toracica. L'ospedale ha poi rimediato a questa mancanza, scoprendo un ispessimento del tessuto polmonare, che però è stato ignorato.

Il giorno dopo si è recata in ospedale una delle due figlie, a cui è stato riferito che l'uomo aveva un'infezione polmonare e una piccola cisti. I medici hanno così prescritto all'anziano una terapia antibiotica e cortisonica, da fare a casa. L'uomo è stato dimesso.

È stato proprio lui a raccontare alle figlie quelle ore in pronto soccorso. Era stato lasciato per ore su una barella in una stanza senza finestre e con la luce sempre accesa e da cui non si poteva neppure cercare aiuto, perché non prendeva il telefono. Un'infermiera gli avrebbe anche detto: "Non sono a tua disposizione, verrò se avrò tempo".

Tornato a casa, l'uomo aveva continuato a vomitare, espellendo così la terapia prescritta dai medici. Il 10 settembre allora le figlie avevano deciso di chiamare sempre un'ambulanza privata, stavolta per portare l'anziano all'ospedale di Copertino.

Lì un infermiere, leggendo quanto scritto dai medici del "Fazzi", avrebbe detto che "solo un pazzo avrebbe dimesso un uomo in quelle condizioni". La radiografia eseguita nel nuovo ospedale aveva dato come esito una broncopolmonite. L'anziano finalmente sembrava stare meglio.

Ma il 12 settembre Minonne è morto, dopo aver vomitato per l'ennesima volta. Le figlie dunque hanno presentato l'esposto, concentrato soprattutto sulla superficialità degli operatori del 118 che si erano rifiutati di portare l'uomo all'ospedale e su quella del pronto soccorso di Lecce.

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