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Guerra in Ucraina

“Inviare solo armi scelta suicida, per l’Ucraina necessaria più diplomazia”: l’appello di Emergency

Rossella Miccio, presidente di Emergency: “Sarebbe semplicemente folle negare il diritto alla resistenza agli ucraini. Il problema però è l’unilateralità dell’azione militare: supportare gli ucraini non può voler dire semplicemente inviare armamenti ma, essendo non direttamente coinvolti nel conflitto, adoperarsi per raggiungere un accordo”.
Intervista a Rossella Miccio
Presidente di Emergency
A cura di Davide Falcioni
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"Negare il diritto degli ucraini alla resistenza sarebbe semplicemente folle, ma puntare solo sull'invio di armi si sta rivelando una scelta suicida". A un anno dall'invasione russa dell'Ucraina Rossella Miccio, presidente di Emergency, traccia un bilancio del conflitto e critica con durezza le scelte dell'Europa, troppo sbilanciate verso gli aiuti militari e poco improntate alla costruzione di un dialogo. Da quasi 30 anni l'ONG fondata da Gino Strada e Teresa Sarti opera in teatri di guerra: "E mai, mai , neppure in un caso l'invio di armi ha portato a un aumento della sicurezza, tantomeno alla pace".

Il 24 febbraio 2022 i primi carri armati russi hanno invaso il territorio ucraino. Qual è il bilancio di Emergency un anno dopo?

Siamo molto preoccupati. A un anno dall'illegittima e folle invasione dell'Ucraina da parte della Russia abbiamo assistito a un costante aumento del numero dei morti, dei feriti e degli sfollati, oltre alla distruzione di un Paese e all'aumento del rischio di una degenerazione nucleare. Non mi riferisco solo alla minaccia dell'impiego di armi atomiche sul campo da parte di Putin ma anche a possibili incidenti o errori umani che possano portare a colpire le centrali nucleari ucraine. Ricordo ad esempio che più volte l'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica, ndr) ha messo in guardia dai rischi di un attacco al sito di Zaporizhzhia, il più grande d'Europa. In questo quadro catastrofico assistiamo alla totale inesistenza di qualsiasi lavoro serio e reale sul piano diplomatico: nessuno si è davvero adoperato per un cessate il fuoco, tantomeno per la pace. E questo ci preoccupa enormemente.

L’Italia, come il resto d’Europa, hanno puntato prevalentemente sull'invio di aiuti militari all’Ucraina. Come giudicate questa scelta?

Credo si sia trattato di una scelta suicida. Nella sua storia l'Europa ha dimostrato come – investendo sulle relazioni economiche, culturali e sociali – si possa costruire e mantenere la pace in un continente devastato da due guerre mondiali. Aver deciso che l'invio di aiuti militari all'Ucraina fosse l'unica strada percorribile, senza porsi altre domande, è molto preoccupante. E lo è anche l'aumento delle spese militari a cui assistiamo. Sulla base della nostra esperienza quasi trentennale in Paesi in guerra non c'è stato un singolo caso in cui l'invio di armi abbia portato a un aumento della sicurezza, né alla pace.

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Ma cosa avrebbe dovuto fare l'Europa, in alternativa? Negare armi a un Paese aggredito non equivale a negarne il diritto alla resistenza?

Penso sarebbe semplicemente folle negare il diritto alla resistenza agli ucraini. Il problema è l'unilateralità dell'azione militare: supportare gli ucraini non può voler dire semplicemente inviare armamenti ma, essendo non direttamente coinvolti nel conflitto, adoperarsi per raggiungere un accordo. A marzo dello scorso anno si presentarono in tal senso alcune opzioni diplomatiche, ma vennero volutamente scartate. Un anno dopo quella di una lunga guerra sembra l'unica prospettiva esistente. Invece noi chiediamo che i Paesi terzi favoriscano le condizioni affinché i leader russi e ucraini si parlino e trovino un accordo soddisfacente per tutti.

A questo punto chi può svolgere quel ruolo di mediazione che voi auspicate? Andrea Riccardi parla di Papa Francesco…

Sicuramente il Vaticano può giocare un ruolo importante, ma so che ci sono anche altri tentativi: penso alla Svizzera neutrale, alla Cina, alle Nazioni Unite. Auspicherei che però finalmente anche gli Stati Uniti assumano il ruolo che sostengono di avere, quello di leadership mondiale dei diritti e della democrazia. In ogni caso è fondamentale tornare a dialogare per gli effetti che questa guerra sta avendo in primis sulla popolazione ucraina, ma anche sull'Europa e il resto del mondo.

Emergency in Moldavia
Emergency in Moldavia

Cosa ha fatto Emergency nel corso di questo anno di guerra?

Siamo immediatamente entrati in contatto con la commissione dei diritti umani ucraina e inviato materiale sanitario, soprattutto chirurgico, a diversi ospedali, soprattutto a quelli negli oblast del Donetsk e Lugansk già da tanti anni coinvolti in un conflitto. Inoltre abbiamo supportato e sostenuto i profughi ucraini in Moldavia fin dalla fine di aprile: abbiamo scelto quel Paese perché, pur essendo il più piccolo e povero, ha da subito aperto le porte ai rifugiati. Infine, dal dicembre scorso, abbiamo intrapreso dei rapporti che ci hanno permesso finalmente di andare in Ucraina, nella zona di Dnipro, dove abbiamo riscontrato quello che abbiamo visto in ogni guerra: la distruzione delle infrastrutture, in particolare a ospedali e cliniche, ormai inesistenti in molte zone rurali. Qui i civili rimasti, prevalentemente anziani e disabili, non dispongono più neppure di medici di base. È lì che avvieremo delle cliniche mobili.

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