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Guerra in Ucraina

Incubi, flashback e attacchi di panico: quali sono i traumi psicologici causati dalla guerra

Natalia Albina, psicologa di Emergency, spiega quali sono le conseguenze psicologiche della guerra in Ucraina sui profughi che – in Moldavia – si rivolgono all’ONG fondata da Gino Strada.
Intervista a Natalia Albina
Psicologa di Emergency.
A cura di Davide Falcioni
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La psicologa di Emergency in Modavia, Natalia Albina
La psicologa di Emergency in Modavia, Natalia Albina
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Ci sono le migliaia di morti e feriti, la distruzione di intere città, l'orrore delle stragi di civili e il timore di sprofondare in una guerra che duri anni e investa tutta l'Europa. Ma tra le conseguenze del conflitto in Ucraina, come di tutti gli altri, ci sono anche ferite spesso invisibili a occhi nudi: i traumi psicologici causati dai bombardamenti, dai lutti e dalla paura di aver perso un proprio caro in trincea. Di queste conseguenze si parla sempre troppo poco, eppure sono devastanti per migliaia di uomini, donne e bambini che, almeno fino a tre mesi fa, il più delle volte guardavano al futuro con fiducia e speranza. È di loro che si occupa Emergency: centinaia di profughi ucraini fuggiti in Moldavia si stanno infatti rivolgendo all'ONG fondata da Gino Strada per ricevere ogni giorno assistenza sanitaria a 360 gradi, tra visite mediche e consulti psicologici.

Dall'inizio dell'intervento in Moldavia i pazienti curati da Emergency sono stati oltre 200, mentre gli accessi al Politruck – l’ambulatorio mobile che l'ONG ha attivato nella città di Bălți – sfiorano ormai i 300. Le visite psicologiche sono state almeno 108 e a chiedere aiuto sono per lo più donne (79%) e bambini (16%) provenienti da Odessa, Kiev, Mykolaiv e Kharkiv. Di loro si prende cura uno staff composto da un medico, un pediatra, un infermiere, un mediatore culturale, personale della logistica e la dottoressa Natalia Albina, psicologa di 39 anni, gli ultimi 12 dei quali trascorsi in Italia. È lei che sta coordinando l'intervento di supporto psicologico in Moldavia. Ed è a lei che Fanpage.it ha chiesto quali siano le conseguenze della guerra sulla salute mentale.

Il politruck di Emergency. Foto di Davide Preti
Il politruck di Emergency. Foto di Davide Preti

Dottoressa, qual è il vostro lavoro in questi mesi?

In collaborazione con le autorità moldave, Emergency sta offrendo supporto e assistenza di medicina di base, infermieristica e psicologica ai profughi accolti nei centri di accoglienza per rifugiati, ma anche a tutti gli ucraini alloggiati in case e strutture private. Operiamo nella città di Bălți con la clinica mobile Politruck, in collaborazione con il centro di prima accoglienza Hotel Bălți per i profughi che arrivano dall’Ucraina. Lavoriamo in un team multidisciplinare composto da una psicologa, una psicoterapeuta, un medico, un pediatra, un infermiere, un mediatore culturale e personale della logistica. Cerchiamo di supportare la salute fisico-mentale e la ripresa della cura di sé della popolazione che arriva a Bălți dopo una permanenza nel territorio di guerra a seguito di un lungo viaggio. Il fondatore di Emergency, Gino Strada, diceva: "Spero che si rafforzi la convinzione che le guerre, tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall’altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio".

Quali traumi psicologici da guerra state osservando? 

Nella nostra clinica mobile riceviamo soprattutto adulti, in buona parte anziani, con malattie croniche. In un primo momento accedono al servizio di assistenza medica e successivamente – una volta che si sentono al sicuro – richiedono anche supporto psicologico per loro o per gli altri membri della famiglia. Sto riscontrando reazioni acute allo stress che possono evolvere in disturbi da stress post-traumatico. Le donne fuggite con i propri figli subiscono l’ansia per le sorti dei loro mariti rimasti in un territorio sconvolto dalla guerra e riscontrano difficoltà anche nell’accudire i loro bambini; dunque è necessario che siano aiutate da professionisti. Le difficoltà psicologiche vanno dall’insonnia agli incubi, dagli stati ansiosi ai problemi di memoria e concentrazione fino ai flashback visivi e sonori. Sono sintomi tipici del "Disturbo post-traumatico da stress" che colpisce chi ha subito esperienze forti al limite della sopravvivenza.

Una visita medica nel politruck di Emergency: foto di Davide Preti
Una visita medica nel politruck di Emergency: foto di Davide Preti

Cosa vi raccontano le persone che assistite?

All’inizio il peso del tragico vissuto sfoga in un pianto liberatorio, cui fanno seguito racconti più dettagliati: la corsa disperata nei rifugi al suono improvviso delle sirene; i giorni passati senza acqua né cibo nell’incertezza dovuta all’assenza di notizie; i feriti impossibilitati a ricevere cure; l'abbandono dei propri animali domestici; la preoccupazione per un futuro incerto, ma soprattutto il senso di colpa per essere scappati e aver lasciato i propri cari. Mi viene in mente il racconto molto forte di una madre di Kiev che – scendendo le scale del bunker in cui era nascosta – è stata sbalzata in aria dall’esplosione di una bomba che le ha provocato fratture al braccio e alla gamba destra. Solo dopo molti giorni è riuscita ad essere evacuata in un ospedale moldavo dove ha potuto ricevere delle cure adeguate. Purtroppo a causa del ritardo dell’intervento la sua guarigione risulta compromessa.

Tra le conseguenze psicologiche di una guerra c'è lo Shell Shock. Di cosa si tratta? 

Il concetto di “Shell Shock” (shock da granate) è stato introdotto nel 1915 dallo psicologo Charles Samuel Myers, che si riferiva allora ad un tipo di disturbo da stress post-traumatico subito da molti soldati e ufficiali durante la Prima guerra mondiale. I sintomi sono svariati: tremori irrefrenabili, ipersensibilità ai rumori, attacchi di panico, ansia, tachicardia, inespressività, muscoli irrigiditi, palpitazioni, insonnia e mutismo.

Le vittime più innocenti sono certamente i bambini. Quali conseguenze sta avendo il conflitto su di loro?

Parliamo di effetti devastanti per la loro salute fisica e mentale. Spesso infatti le esperienze che hanno vissuto vengono interiorizzate generando disturbi psichici, panico, ansie di vario tipo e in generale uno stress perdurante. La perdita dei genitori, in senso più ampio della famiglia e del gruppo sociale generano un improvviso distacco dalla normale situazione di comfort proiettando il minore in una situazione percepita come di costante pericolo. Guardando oltre il danno subìto nell’immediato dal bambino, il problema si espande ad una questione di salute pubblica: il minore traumatizzato, se non adeguatamente seguito, tende a sviluppare una sintomatologia pervasiva e sfaccettata, con probabile depressione e conseguenti malattie mediche, oltre a comportamenti aggressivi e autodistruttivi.

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