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Ingaggiò 40 sicari per appropriarsi di una discoteca in Perù, il tribunale italiano lo scarcera

Per “convincere” il proprietario di una discoteca in Perù a consegnargli il locale aveva assoldato 40 sicari ma il raid era fallito e il mandante era scappato all’estero. Dopo 12 anni è stato arrestato a Roma ma la corte d’Appello lo ha rimesso in libertà perché il reato contestato dai peruviani non esiste in Italia.
A cura di Salvatore Garzillo
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Questa storia inizia nel 2009 in Perù, passa per i tribunali spagnoli e si conclude alla corte d’Appello di Roma, che nei giorni scorsi ha rimesso in libertà un uomo accusato di aver assoldato 40 sicari per convincere il proprietario di una discoteca a consegnargli il locale.
Secondo l’accusa del Perù e della corte spagnola Alejandro Mateo Merono, 38enne spagnolo, sarebbe il mandante della spedizione punitiva organizzata nell’agosto 2009 all’Hakuna Disco Bar in pasaje Sánchez Carrión 110 a Lima, dove 40 “matones” (sicari) si erano presentati armati di machete per “convincere” il titolare a fare un passo indietro a suo favore. Per capire la portata di un’azione paramilitare del genere bisogna leggere le parole degli atti giudiziari, chiudere gli occhi, e immaginare la scena.

Lo squadrone assoldato

Nel 2009 Merono, che viveva in Perù già da qualche anno, ha un problema contrattuale per la proprietà del locale in questione. Con un giro di notai diventa proprietario della discoteca ma la persona che lo ha gestito fino a quel momento non paga più l’affitto e non risponde alle richieste di allontanamento. E allora Merono assolda 40 sicari con un unico obiettivo: riprendersi il locale.
Nei database italiani non risultano precedenti a suo carico ma di quelli eventuali commessi in Perù non si ha notizia. L’unica cosa certa, secondo gli investigatori internazionali, è che per ingaggiare 40 “matones” di quel calibro bisogna avere, oltre a un notevole budget, anche un certo carisma criminale.

Machete contro fucili

Ma continuiamo a immaginare la scena. Lo squadrone della morte arriva davanti al locale pronto per spaccare tutto, minaccia i clienti e fa spegnere la musica ma, sorpresa, subito dopo spuntano quasi 100 poliziotti. Non poliziotti con la paletta e fischietto, in assetto antiguerriglia.
Qualcuno ha fatto la spia, se li è venduti agli agenti o al proprietario del locale, che al centro della pista silenziosa vede il commando seduto a terra e circondato dai fucili dei poliziotti.

Merono non partecipa fisicamente al raid ma qualcuno dei 40 lo indica come mandante e per lui scatta l’accusa di “usurpacion agravada”, un reato che l’ordinamento peruviano punisce con pene fino a 8 anni.  Merono lascia il Perù e torna in Spagna mentre la giustizia segue i suoi ritmi. Il 13 aprile 2012 viene emesso un ordine di cattura nazionale e internazionale e il 30 ottobre 2015 il Juzgado Central de Instruccion chiede alla Spagna di avviare il procedimento di estradizione. Gli atti vengono ricevuti, analizzati, e infine bocciati: Merono è cittadino spagnolo e la Spagna non ritiene sufficienti le motivazioni per consegnare un proprio connazionale.

Da ricercato internazionale a uomo libero

Passano altri anni, Merono gira senza problemi per l’Europa finché la settimana scorsa viene fermato per un controllo a Roma e sul computer degli agenti si accende un alert dell’Interpol. È ricercato dalle autorità straniere e per questo viene accompagnato a Rebibbia in attesa della richiesta di estradizione del Perù al nostro ministro della giustizia.

Al caso si interessano gli avvocati Maria Concetta Catanzaro e Alexandro Maria Tirelli, quest’ultimo è un esperto di diritto internazionale ed è molto preparato sul mondo sudamericano al punto da essere soprannominato “l’avvocato dei narcos”. Tirelli sfrutta la differenza normativa – in Italia non esiste il reato di “usurpacion agravada” – e riesce a convincere la corte della ingiusta detenzione del suo cliente anche in virtù della prescrizione nel Paese sudamericano.

Venerdì arriva la decisione dei giudici italiani, Merono deve essere scarcerato. “Siamo soddisfatti dell’equilibrio del dott. Monteleone, presidente della Quarta sezione della Corte d’Appello di Roma – ha commentato Tirelli – e auspichiamo una modifica delle regole di iscrizione e cancellazione dei codici rossi Interpol, di cui alcuni Paesi fanno un evidente abuso”.

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